Al mattino appena sveglio sento i bambini del palazzo che scendono per andare
a scuola, si trovano tutti insieme alla fermata dello scuolabus, ci sono anche
le mamme, i più piccolo hanno necessità di essere accompagnati, si mescolano
colori, lingue, abitudini differenti, qui mi sembra che non ci sia una vera e
propria maggioranza, c’è il mondo con tutte le sue sfumature. Gli stessi
bambini li ritrovo poi a scuola quando come educatore lavoro su progetti
interculturali e sui laboratori creativi, in questo caso mi rendo conto di
quanto possiamo veramente essere capaci di creare relazioni e possibilità nuove
per questi bambini. Mi fermo spesso ad osservarli, mi lascio contagiare dalla
loro spontaneità che, attenzione, nei bambini non è sempre frutto della loro
ingenuità, non sottovalutateli mai, sanno anche essere aggressivi e prepotenti,
ma ciò che mi colpisce è la loro comunicazione; oggi ad esempio una bambina di
origine cinese, arrivata da poco, comunicava attraverso gesti, sorrisi e parole
in cinese, con un bambino nigeriano, il quale ha tenuto a comunicarmi che lei
non parlava ancora in italiano, attenzione non mi ha detto che non parlava, ma
che non usava la lingua comune, cioè l’italiano: complimenti bella sfumatura.
L’altro è anche come lo vediamo e percepiamo, l’idea o l’immagine
che ci facciamo di lui, né condizionerà inevitabilmente anche la relazione, se
per esempio per me l’altro “non parla”, equivale a dire che non è capace, ha un
handicap, ma se non parla una lingua specifica, vuol dire che al momento la
deve ancora apprendere, ma resta il
fatto che è una persona capace di parlare, di ragionare, di esprimere pensieri
e sentimenti attraverso un altro idioma, in breve si riconosce la persona nella
sua interezza, nella sue capacità, nella sua storia, non parlare in italiano è
un particolare che non lo svaluta. E’ chiaro che questa ultima riflessione il
piccolo nigeriano non l’ha prodotta, ma come tutti i bambini, l’ha vissuta.
Mentre osservo, condivido subito con l’insegnante la
considerazione che faccio e il nostro diventa uno scambio, non solo
professionale, ha una sfumatura particolare: loro sono nella scuola da molto
tempo, conoscono il quartiere e le famiglie, si interessano di tanti aspetti e
non solo della didattica, in questo contesto ho la possibilità di vivere l’impegno
educativo che lascia i panni del freddo intervento professionale e si fa
contaminare dalla realtà e interagendo con essa trova le migliori strategie per
promuovere il ben- essere dei bambini.
Con queste insegnanti e il personale ATA vivo un’ amicizia, mi hanno arredato la nuova
casa, hanno appoggiato da subito il mio progetto d’inserimento, sanno della mia
scelta come piccolo fratello e ne condividono i passi; devo dire che sono state
loro a farmi amare questo quartiere, mi hanno insegnato ad entrare con
delicatezza nelle situazioni più difficili, non mi hanno mai indicato le
povertà, ma i gesti che rimettono in campo la dignità. Sono a Lido3Archi per
apprendere, non per fare, per saper riconoscere il positivo, non per mostrare
la mia azione. Gesù dice agli apostoli. “Vi precedo in Galilea” e la Galilea è
la regione delle genti, delle diversità, del mescolamento, Lui è già presente,
ci abita da sempre.
grande Ame...il Signore ti benedica sempre..e una sua benedizione è sicuramente la Grazia di uno sguardo così bello sulla quotidianità e la vita che ci circonda...grazie per la tua testimonianza...baciii
RispondiEliminaalexandra
grazie a te Alex per l'amicizia così immediata e gratuità
EliminaIl mio post preferito fin'ora AL
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