Si può accogliere la propria storia non come un flusso
incontrollato di eventi, che arrivano magari casualmente, ma leggere in maniera
appassionata e libera il susseguirsi dei desideri che ci abitano, che
determinano i nostri incontri, orientano i nostri sguardi, muovono la forza
delle nostre motivazioni. Quando rileggo la mia storia personale mi accorgo che
è profondamente caratterizzata da tante sfumature, che hanno coniugato fatiche
e conquiste, in cui non è riconoscibile solo la mai volontà, tutt’altro, rintraccio piacevolmente anche il tocco
leggero di altre mani, gli sguardi accoglienti di persone che hanno avuto e
hanno ancora un posto importante nel mio quotidiano, che rendono credibile, profonda
e palpabile la parola fedeltà, il valore dell’amicizia e la rivoluzione “del prendersi
a cuore l’altro”. Quando mi fermo per volgere anche con tenerezza lo sguardo su
quello che ho fin qui vissuto, non mi dispiace notare che alcuni segni che si
sono impressi nel ricordo sono anche ferite, vanno per questo chiamate con il
loro nome, riconosciute nella loro origine e accolte nel loro senso. Quando
senza nostalgia , né rimpianti di nessun genere rileggo la mia storia, mi accorgo
che posso dire con profonda serenità e gratitudine, che “non nasco da solo”, al
contrario riconoscere le impronte lasciate da tanti incontri e relazioni, farle
risuonare nella parte più profonda della mia intimità, rende rivoluzionaria e
dinamica, la mia dimensione spirituale. E’ indispensabile per me oggi, non
perdere questa capacità di saper guardare e rintracciare la forza dell’esistere
e del divenire, attraverso un profondo senso di appartenenza:
appartenenza ad una comunità di uomini e donne che provano a
vivere il Vangelo, anche se spesso contraddittoria, incoerente, impaurita o
irrigidita, come è anche la Chiesa cristiana a cui ho scelto di appartenere;
appartenenza ad una comunità di uomini e donne come quella
del mio quartiere, affaticata, complessa, etichettata, determinata da logiche
che spesso non producono vita, cambiamento e crescita, ma segue le logiche del
mercato, guadagnare tanto, subito e a discapito di altri. Una comunità in cui
altre sfumature positive faticano ad emergere, ma non per questo sono assenti;
appartenenza non in astratto ad un generico concetto di
umanità, che generalizza, appiattisce, idealizza e anche anestetizza, ma
appartenenza ad un umanità che ritrovo
nella concretezza di volti, nomi e storie che posso rintracciare direttamente
nel contatto quotidiano.
Questi i pensieri che ieri mi hanno fatto compagnia; sono particolarmente affezionato alla data del
30 ottobre, sono arrivato in questo quartiere esattamente tre anni fa, un
passaggio e un nuovo inizio che ha in un certo senso reso possibile il mio
progetto di vita come piccolo fratello in maniera ancora più incisiva; alla
luce di questa realtà, la vita quotidiana che vivo in questo contesto, mi
permettono di rileggere alcuni passaggi del mio “progetto di vita”, per
ritrovare ancora la passione e il senso della mia scelta, e mi fanno dire “ne
vale la pena”. Mi piace condividere un passaggio di questo progetto di vita con
chi ha la pazienza di accogliere queste mia pagine di diario:
"Come piccolo fratello dell’abbandono, mi sento chiamato ad
una particolare consacrazione che racchiude lo specifico della mia sequela al
Vangelo: consacrare a Dio tutta la mia vita di relazione e di amicizia.
L’incontro aperto e quotidiano, con tutti quelli che in Dio
incontrerò lungo il mio cammino, sarà per me l’unico mezzo per annunciare il
Vangelo. Sull’esempio di Charles de Foucauld, cercherò di essere un fratello
universale, senza escludere nessuno; attraverso l’amicizia, che sarò capace di
vivere in maniera piena e autentica, cercherò di annunciare agli uomini la
forza e la bellezza della fede in Dio. Per questo motivo, oltre a pronunciare
un voto di povertà, d’obbedienza e di vita celibe, come piccolo fratello
dell’abbandono, consacrerò la mia vita alla relazione d’amicizia con i più
poveri, riconoscendo così che una sana
relazionalità diventa il luogo della contemplazione di Dio e dell’annuncio del
Vangelo, allo stesso tempo nella misura in cui condividerò questo con la mia
comunità d’appartenenza, sarò testimone visibile di una comunità ecclesiale che
si mette in cammino, che ascolta, riconcilia e invita ogni uomo a riconoscere e
ad incontrare nel suo quotidiano la presenza di Dio. Cfr 1 Cor 9,22; Gv 15
Dio, donando il suo unico Figlio, ci ha annunciato che la
salvezza e la riconciliazione passano attraverso l’incontro, la condivisione,
l’amicizia e l’ascolto. Charles de Foucauld scoprì tutto questo quando, messosi
di fronte al mistero dell’Incarnazione, si sentì chiamato a vivere la vita di
Nazaret, il tempo in cui Gesù non ammaestrò, non insegnò, ma condivise e
ascoltò, nel silenzio e nel nascondimento della vita quotidiana.
Per questo desidero vivere nella gioia un’esistenza povera
ed essenziale, una vita celibe per il Signore, vivere nella letizia l’abbandono
alla Sua volontà e non tenere mai tutto questo nascosto o “protetto”, ma
inserito nel quotidiano della gente più comune e povera: niente privilegi,
niente separazioni, ma in tutto uguale agli altri, in particolare nella realtà
di vita dei più emarginati.
Infine, consacrare la mia vita alla relazione e all’amicizia e in essa annunciare i valori
del Vangelo, significa credere che la riconciliazione, attesa tra i popoli, tra
le religioni, tra le stesse comunità cristiane, passa inevitabilmente
attraverso L’INCONTRO GRATUITO DELL’ALTRO.
Come piccolo fratello
dell’abbandono scelgo una vita contemplativa: è quindi caratterizzata da una
ricerca costante d’intimità con Dio, che necessariamente rimanda alla relazione
con tutti gli uomini. Le storie delle persone saranno il luogo privilegiato per
la preghiera. Scelgo di essere quindi il vicino di casa, il compagno di lavoro,
l’amico incontrato per strada, scelgo la dimensione dell’incontro gratuito e
spontaneo, per contemplare e riconoscere il volto di Dio.
Per questo motivo sarò poco riconoscibile nella mia scelta
di laico consacrato, apparirò inutile nel mio agire, ma il mio obbiettivo è
quello di esser accolto dai poveri e da ogni persona, come amico e fratello; la
povertà di vita e di mezzi, mi aiuteranno ad entrare in situazioni difficili
per lasciarmi accogliere come quando, nel silenzio della preghiera, mi lascio
accogliere da Dio.”