lunedì 19 maggio 2014

Spazio aperto

"Il vuoto divino fa respirare e ci permette di essere. Ci da maturità e libertà…Dio è spazio aperto”.
Ci sono libri che amo spesso riprendere in mano per immergermi di nuovo tra le loro parole, cerco le pagine che mi risuonano dentro e mi sono rimaste nella memoria, magari non ricordo il capitolo o la pagina esatta, ma so che tra le tante alcune hanno lasciato un segno nel mio pensiero prima, e nella mia visione della vita poi. I libri che conservo con una certa gelosia nella mia libreria, sono un po’ come la brace che cova sotto la cenere, sono stati fuochi accesi poi assopiti, ma basta spolverare il grigio della cenere che ecco, rispunta quello stesso calore che potrebbe ravvivare e bruciare qualsiasi cosa, così sono le parole dei libri che mi hanno accompagnato in questi anni: sono lì, e ogni tanto le “smuovo” per ritrovare la stessa scintilla di vita. Tra queste  ecco quelle di Giorgio Gonella, quelle citate in apetura, dal suo libro “Nel deserto il profumo del vento”, ho cercato queste parole perché le sento come sintesi chiara ed eloquente di uno degli ultimi incontri che ho vissuto: eccomi a condividerlo.
I luoghi sono fatti per incontrare e creare relazioni, ma essi spesso ci condizionano, determinano la forma e il significato che le relazioni assumono in noi, spesso sono convinto che i luoghi diventano anche filtro per le relazioni; quali relazioni può creare una sala d’aspetto di un medico di famiglia?. Il mio medico di base riceve nel quartiere, vado per  un consulto, ci vado raramente, anzi diciamo mai, non mi piace aspettare, fare la fila, impegnare un’intera mattinata, ma ne ho bisogno, mi munisco di pazienza e getto lo sguardo nella saletta a piano terra di una palazzina, chiaramente per quanto discreto voglia essere tutti mi guardano, tra i tanti alcuni mi sorridono, ci conosciamo, ecco allora che mi motivo: è un occasione per approfondire delle relazioni. E’ davvero incredibile vedere il mio amico indiano ventenne che accompagna il papà dal medico per fare da interprete, una coppia dell’est Europa che si meraviglia della mia confidenza con l’indiano, due signore anziane che parlano in stretto dialetto fermano impegnate ad aggiornarsi su tutto e tutti, mentre al loro fianco due donne algerine con i loro figli piccoli, parlano in arabo con qualche intrusione di italiano e francese. Una delle signore anziane appena esce dal medico, viene dritta verso me e mi saluta, mi parla come se mi conoscesse da sempre e mi racconta degli acciacchi; tra me e me  penso per quale motivo senza fare nulla ho esercitato questa particolare attrazione sulla nonnina, tanto da suscitargli confidenza, è lei stessa che lo rivela: ti vedo quando vai a leggere in Chiesa. Man mano la fila dell’attesa si assottiglia rimango con una delle donne algerine, ci conosciamo, sua figlia ha partecipato ad uno dei miei laboratori a scuola, ci siamo già salutati e conosco anche suo marito, questo mi facilita l’incontro e il dialogo, la sala d’attesa così anonima e per certi aspetti poco rassicurante con i suoi poster sulle malattie e campagne di prevenzione, con le sedie fatte apposta per  rafforzare la postura sbagliata, diventa di colpo il luogo che può accogliere un dialogo fatto di rispetto e meraviglia. A forza di insistere sull’argomento “ a una certa età devi sposarti”, sono costretto a spiegare il motivo per cui a 45 anni non sono sposato, e così condivido il fatto che ho scelto di essere un laico consacrato. Si tratta di condividere, far comprendere quello che per me è il frutto di un lungo percorso di vita, di un’esperienza di fede che ha comunque anche un riferimento culturale e storico, che sono diametralmente differenti dai suoi, eppure non sempre tutto questo è una complicazione, a condizione che si abbia il desiderio e la curiosità di conoscersi e ascoltarsi. Lei è algerina, la terra in cui Charles de Fuocauld, dove lui ha sperimentato e vissuto il suo cammino d’incontro con le popolazioni nomadi musulmane, è la culla della spiritualità che mi ha profondamente segnato, parliamo di questo, come parliamo delle cose che ci accomunano e ci separano nella fede. Lei mi dice “ io sono curiosa, e ho sempre voluto capire il perché delle feste cristiane…venire qui in Italia non è stato semplice per me, ma mi ha fatto vedere che esiste un'altra realtà oltre il mio paese…ho voluto portare i miei figli a vedere San Pietro, perché non devono capire e conoscere?”; a conclusione della nostra chiacchierata mi dice:“trovo che voi cristiani siete molto umani, più di noi musulmani”.


Charles de F.
Il vuoto divino fa respirare e ci permette di essere. Ci da maturità e libertà…Dio è spazio aperto”. In quella sala d’aspetto ho ripensato a questa frase di Giorgio Gonella…e l’ho compresa, come mi è stato chiaro il senso di una vita spesa a “stare” con le popolazioni del deserto come quella di Charles de F., questa donna e le sue parole mi hanno dato il senso di quello che è il nascondimento di nazareth, mi hanno invitato a restare nel quartiere con uno stile e una presenza ben precisa. Uscendo lei mi saluta: “ ciao Amedeo”…ma io non avevo detto il mio nome…forse l’ha sentito a scuola o dalla figlia.





domenica 4 maggio 2014

Abitare il silenzio

Il silenzio non è mai nell'esperienza di Charles de F. un modo per isolarsi o per vivere il cuore a cuore con Dio in maniera intimista, certamente anche per lui è avvenuta un'evoluzione dell'esperienza di fede e d'incontro con Dio, che ha sempre vissuto come relazione. Il deserto è diventato non solo il luogo fisico della sua vita di piccolo fratello, ma si è trasformata anche in metafora della sua spiritualità, e come afferma Mondonico, non è andato nel deserto per essere eremita, ma per incontrare gli uomini e le donne che in esso vivevano come nomadi, dimenticati e isolati dal resto delle popolazioni. E' questa la contraddizione che diventa provocazione nella storia di fratel Carlo: va nel deserto per incontrare, per andare al cuore delle relazioni con chi è in un orizzonte culturale, religioso, sociale molto differente dal proprio; il deserto e il silenzio che ricerca costantemente non è altro che il percorso di semplificazione, di liberazione da fardelli inutili e ingombranti che non rendono l'incontro con l'altro, autentico e nutriente.
Il silenzio anche oggi, è ancora l'esperienza che può condurci nel cuore del nostro esistere e del nostro essere con gli altri, il silenzio scelto e praticato costantemente ci immette nei nostri deserti, ci fa incontrare con i nostri dubbi, ci evidenzia "il di più" che ostinatamente ci portiamo dietro come indispensabile, mentre spesso è semplicemente paura di accogliere un cambiamento necessario. 

Nella mia vita quotidiana scopro sempre con molta fatica quanto sia difficile cambiare prospettiva per accogliere questa priorità del silenzio, vederlo, sperimentarlo e accoglierlo come il luogo dove nasce ogni cosa; troppo spesso mi sento anch'io completamente imbevuto della mentalità efficentista in cui siamo nati e con cui misuriamo il valore di ogni azione e di ogni scelta, mentre a mio parere dovremmo incominciare con il fermarci, l'attendere, l'ascoltare, prima di ogni scelta da compiere, di ogni azione da mettere in atto, prima di ogni cambiamento da accogliere. 
Il nostro è un tempo di cambiamento profondo, in cui valori e pratiche relazionali si fondano su parametri e pilastri nuovi, anzi spesso non hanno nessun tipo di riferimento, semplicemente avvengono, è per questo che occorre ritornare al cuore di quello che viviamo, non per giudicare in maniera rigida, ma nemmeno continuare a disperderci in una continua improvvisazione, che rischia di farci sempre giocare al ribasso anche nella qualità delle relazioni e dello stare insieme, si per noi cristiani il silenzio diventa ancora il luogo dell'incontro di Dio e dell'uomo, possiamo scoprire di nuovo quell'invito di Carlo Carretto, cioè riconoscere e sperimentare "Il deserto nella città".
per chi vuole dialogare su quest'argomento e questa prospettiva di vita ti aspettiamo domenica 18 maggio dalle 16.00 alle 18.00 presso i locali della parrocchia San Marco alle Paludi ( fermo) per l'incontro di Spazi di fraternità. A dialogare con noi Salvatore Frigerio monaco camaldolese, biblista.