“Per i
ricchi che abitano nei ghetti delle classi agiate, gli altri ghetti sono luoghi
in cui non vogliono entrare, per i poveri sono i luoghi da cui non possono
uscire”
Z. Bauman
Libera le
mani se vuoi avvicinarti e avventurarti nell’incontro con l’altro, “fai spazio” a ciò che di inaspettato l’altro ti
condivide, liberati dal rischio di mercificare le relazioni, disintossica la
tua parte più intima da quella domanda ingannevole: “a che mi serve” e accogli
la libertà del “non pretendere”; non preoccuparti se ti senti a volte
inadeguato di fronte alla storia e alla vita di chi incontri, la rivoluzione
oggi è nascosta nel saper stare accanto senza
fuggire, essere fedele nel tempo senza diventare eroi, la rivoluzione avviene
quando ti lasci prendere per mano da qualcuno che lentamente, a suo tempo e
nelle sue modalità, ti accompagna nelle pieghe più nascoste della sua esistenza
e la sua fiducia ti chiede di essere fratello silenziosamente presente.
Arrivo a Natale con le mani vuote in cui alcune
persone hanno posto queste piccole certezze, sono stati altri ad annunciarmi il
Vangelo, quando nel mio quotidiano a tratti un po’ stanco e affaticato, ho
potuto vivere un incontro, lasciarmi andare ad un ascolto, mettermi seduto alla
tavola di qualcuno e lasciando l’assillo
del tempo che scorre, abbandonarmi al piacere del raccontarsi reciprocamente.
Il Vangelo mi è stato annunciato, discretamente, silenziosamente, nelle ore più
improbabili e nelle giornate troppo distratte e soffocate da impegni, è
arrivato all’improvviso senza programmi né calcoli, non ha mai usato mezzi
potenti, né preparato luoghi artificiali, è risuonato forte con tutta la sua
rivoluzione profonda, la sua vitalità, nei posti e nei luoghi inaspettati perché,
ne sono sempre più convinto, “Dio è là dove meno lo aspetti: nel quotidiano”.
Il Vangelo è
arrivato con il volto, la voce, la parola del mio vicino indiano, che mi
condivide le sue scelte, mi fa ascoltare la durezza dell’essere immigrato sulla
linea di confine che lo rende distante da questo mondo e il suo mondo culturale,
è ormai straniero ed estraneo per tutti. Il Vangelo arriva come pugno nello
stomaco, come grido che non si vuole ascoltare, quando la sua voce è quella di
donne che, ridotte al nulla sono state vendute ed utilizzate come merce per
guadagni avidi e insaziabili, quando ascolto le loro storie e con incertezza cerco
di entrare nel loro vissuto, allora il Vangelo non ha nulla di dolciastro, è
grido che scuote, che destabilizza, che domanda, che fa ancora più male quando
scopri che in tutto questo la società è volutamente sorda. Il Vangelo arriva
poi come “soffio di vento leggero” tra le parole della mia amica in strada
sotto casa, che tra un saluto e l’altro ogni tanto quando è sola, mi confida
quello che sente e vive, e mi ripete “io ho una dignità”, e quando mi vede di
corsa da lontano mi dice “fratello ricordati di me se vai in chiesa”, che
strano anche la strada in un attimo possiamo trasformarla come luogo sacro, perché
gli incontri sono il sacrario di Dio.
Questa mi
sembra davvero una Buona Notizia, Dio ci ha svuotato le mani, ha tirato in aria
i banchetti dei cambiavalute e dei venditori dei Templi moderni, dove il culto
di un io fai da te e autoreferenziale svuota di senso la vita, incensandola di
nichilismo; la Buona Notizia è ancora presente, è in movimento, trasforma nel
silenzio, fiorisce nel deserto, non si impone né fa rumore.
Nella notte
solo i pastori si accorsero e si misero in movimento, solo loro ascoltarono e
per questo furono capaci di lasciare il luogo dove da tempo stazionavano,
portarono qualcosa con loro…si, perché quello che incontrarono fu un Dio che
ebbe finalmente il coraggio di avere lui stesso
“le mani vuote”.