sabato 29 giugno 2019

Il de-condizionatore



Immergersi, ecco credo che sia questa la parola giusta per provare a dire cosa significa prendersi un tempo di eremitaggio. Non mi piacciono le parole come: isolarsi, staccarsi, prendere le distanze, è certo che andando in eremo ci sia anche questo, ma in realtà poi si sperimenta l’esatto contrario: non si è soli, ci si riconnette e si acquista la giusta vicinanza, con la propria vita e con quella degli altri, ecco allora che preferisco l’espressione “ immergersi”.  Non si può assolutamente crescere in umanità se non si rintraccia profondamente in sé quella dimensione della relazione, che è essa stessa un dato di umanità.

So bene che in eremo non si va nemmeno per prendere decisioni o sciogliere chissà quale nodo esistenziale, sicuramente non si va per avere rivelazioni, tutto questo sarebbe semplicemente un carico di pretese e aspettative, in tal caso la cosa più sana che possiamo augurarci  è che vengano puntualmente disattese. In eremo si giunge per “stare”, per avventurarsi nell’intimità,  ed essere segretamente se stessi di fronte all’Altro. L’eremo è uno stile di relazione, perché è una solitudine abitata e coabitata.
eremo Angela-Paola

L’intimità che si sperimenta non è mai intimismo, che al contrario è sempre pericoloso e pernicioso, essa è frutto di un tempo rallentato e di un ascolto profondo, è la possibilità d’incontro con la pienezza del proprio esistere che avviene solo nel momento in cui la propria libertà, non più spaventata dalla fragilità e dal limite che sperimenta, si permette di essere “di fronte” ad un Altro possibile. L’intimità arriva quando meno te l’ aspetti, perché ti liberi dalla pretesa di avere, è un ritrovarsi  sconfinati e allo stesso tempo contenuti in un abbraccio che genera, è un silenzio profondo, è una comunicazione compiuta eppure “non ancora abbastanza”, proprio come l’esperienza di Dio.

L’eremo è anche lotta, è flusso di domande scomode e per certi aspetti l’eremitaggio è un tempo spietato e poco diplomatico; non devi rendere conto a nessuno, non devi continuare ad interpretare il tuo copione, non ti è richiesta nessuna performance, sei "solo davanti al Solo", sintetizzava bene Eckhart . Il Suo sguardo così immediato e profondo, accogliente e non giudicante, privo di pretese e aspettative, ti mette semplicemente in contatto con ciò che sei: e qui inizia la lotta.

Il silenzio del primissimo mattino che ho cercato in questa settimana d’eremo, diventava il cuore stesso dell’attesa, generava la sete e il desiderio di cogliere in profondità la Parola: l’ascolto è la cifra profonda e profetica del credente oggi. L’ascolto diventa un vero e proprio “de-condizionatore” perché nella sua azione costante permette di decifrare le parole inquinanti da quelle nutrienti e d’inquinamento verbale oggi ne abbiamo in abbondanza, tanto da farmi pensare che questa potrebbe essere la nuova azione ecologica. Pulire il verbale che predomina la nostra comunicazione potrebbe significare rendere ecologiche le nostre relazioni. E’ innegabile la violenza che respiriamo quotidianamente, non solo fisica, violenza che passa attraverso le aggressioni verbali, la rabbia scaricata verso chi esprime un pensiero, la prepotenza di chi risponde attaccando prima ancora che l’altro concluda il proprio ragionamento, per non dire delle tante persone che pontificano sui diritti e sulle tolleranze facendosi paladini delle libertà per poi dimostrare che non hanno fatto bene i conti con i propri pregiudizi e così di discriminazioni ed esclusioni sono altrettanto capaci loro.

Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente” Rm 12

…sono le 4.30 del mattino, fuori albeggia, tengo aperta la porta della cappellina dell’eremo ed attendo che la luce del giorno cresca. Nel profondo sento come una sorta di invito semplice e deciso, che non mi chiede nulla: _ma tu stai con me.
Non mi è chiaro come arrivo a sentire che la risposta giusta che voglio portare a compimento è molto semplice:  _desidero avere ancora desiderio di Te.

E quel breve momento d’intimità, che sa raccogliere tutta la mia fragilità e le mie contraddizioni,  mi prende per mano e mi riconduce nel cuore della mia vita quotidiana:
nel cuore di Dio e nel cuore degli uomini.