Immergersi, ecco credo che sia questa la parola giusta per
provare a dire cosa significa prendersi un tempo di eremitaggio. Non mi
piacciono le parole come: isolarsi, staccarsi, prendere le distanze, è certo
che andando in eremo ci sia anche questo, ma in realtà poi si sperimenta l’esatto
contrario: non si è soli, ci si riconnette e si acquista la giusta vicinanza,
con la propria vita e con quella degli altri, ecco allora che preferisco l’espressione “ immergersi”. Non si può assolutamente
crescere in umanità se non si rintraccia profondamente in sé quella dimensione
della relazione, che è essa stessa un dato di umanità.
So bene che in eremo non si va nemmeno per prendere
decisioni o sciogliere chissà quale nodo esistenziale, sicuramente non si va
per avere rivelazioni, tutto questo sarebbe semplicemente un carico di pretese
e aspettative, in tal caso la cosa più sana che possiamo augurarci è che vengano puntualmente disattese. In eremo
si giunge per “stare”, per avventurarsi nell’intimità, ed essere segretamente se stessi di fronte
all’Altro. L’eremo è uno stile di relazione, perché è una solitudine abitata e
coabitata.
eremo Angela-Paola |
L’intimità che si sperimenta non è mai intimismo, che al
contrario è sempre pericoloso e pernicioso, essa è frutto di un tempo
rallentato e di un ascolto profondo, è la possibilità d’incontro con la
pienezza del proprio esistere che avviene solo nel momento in cui la propria
libertà, non più spaventata dalla fragilità e dal limite che sperimenta, si
permette di essere “di fronte” ad un Altro possibile. L’intimità arriva quando
meno te l’ aspetti, perché ti liberi dalla pretesa di avere, è un
ritrovarsi sconfinati e allo stesso
tempo contenuti in un abbraccio che genera, è un silenzio profondo, è una
comunicazione compiuta eppure “non ancora abbastanza”, proprio come l’esperienza
di Dio.
L’eremo è anche lotta, è flusso di domande scomode e per
certi aspetti l’eremitaggio è un tempo spietato e poco diplomatico; non devi
rendere conto a nessuno, non devi continuare ad interpretare il tuo copione,
non ti è richiesta nessuna performance, sei "solo davanti al Solo", sintetizzava
bene Eckhart . Il Suo sguardo così immediato e profondo, accogliente e non
giudicante, privo di pretese e aspettative, ti mette semplicemente in contatto
con ciò che sei: e qui inizia la lotta.
Il silenzio del primissimo mattino che ho cercato in questa
settimana d’eremo, diventava il cuore stesso dell’attesa, generava la sete e il
desiderio di cogliere in profondità la Parola: l’ascolto è la cifra profonda e
profetica del credente oggi. L’ascolto diventa un vero e proprio “de-condizionatore”
perché nella sua azione costante permette di decifrare le parole inquinanti da
quelle nutrienti e d’inquinamento verbale oggi ne abbiamo in abbondanza, tanto
da farmi pensare che questa potrebbe essere la nuova azione ecologica. Pulire
il verbale che predomina la nostra comunicazione potrebbe significare rendere
ecologiche le nostre relazioni. E’ innegabile la violenza che respiriamo
quotidianamente, non solo fisica, violenza che passa attraverso le aggressioni
verbali, la rabbia scaricata verso chi esprime un pensiero, la prepotenza di
chi risponde attaccando prima ancora che l’altro concluda il proprio
ragionamento, per non dire delle tante persone che pontificano sui diritti e
sulle tolleranze facendosi paladini delle libertà per poi dimostrare che non
hanno fatto bene i conti con i propri pregiudizi e così di discriminazioni ed
esclusioni sono altrettanto capaci loro.
“Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati
mediante il rinnovamento della vostra mente” Rm 12
…sono le 4.30 del mattino, fuori albeggia, tengo aperta la
porta della cappellina dell’eremo ed attendo che la luce del giorno cresca. Nel
profondo sento come una sorta di invito semplice e deciso, che non mi chiede
nulla: _ma tu stai con me.
Non mi è chiaro come arrivo a sentire che la risposta giusta
che voglio portare a compimento è molto semplice: _desidero avere ancora desiderio di Te.
E quel breve momento d’intimità, che sa raccogliere tutta la
mia fragilità e le mie contraddizioni, mi prende per mano e mi riconduce nel cuore
della mia vita quotidiana:
nel cuore di Dio e nel cuore degli uomini.