Non ricordo esattamente quando ho iniziato a tenere sempre a
portata di mano un quaderno, su cui trascrivere quello che vivevo,
sperimentavo, scoprivo, probabilmente intorno ai 16/17 anni, è stata comunque
un’abitudine che non ho mai tralasciato
e che tra le altre cose quando ero con i piccoli fratelli del Vangelo ho
apprezzato con maggior vigore, visto che all’interno della fraternità
mensilmente giravano i diari dei vari fratelli che permettevano ad ognuno di
condividere le esperienza anche se dispersi in tutti i continenti. Credo che il
valore maggiore di un diario personale sia quello di poter rintracciare nel
tempo il filo conduttore che lega la propria storia, permette di dare senso al
proprio vissuto e scoprire costanti e novità che alla fin fine sono comunque
inserite in un quadro esistenziale ben preciso. A me personalmente ha anche
permesso di appassionarmi alle scelte, al mio cammino e ad avere cura nel non
disperdere il bello che è stato seminato nel mio percorso e comprendere con la
giusta distanza di tempo, anche le esperienze più difficili. Proprio oggi,
intenzionalmente, e con una certa emozione apro la pagina del 30 ottobre 2012: un anno fa mettevo piede in
questa nuova casa e iniziavo il mio inserimento a Lido Tre Archi. Un momento
importante per me, un desiderio che si concretizzava dopo moltissimi anni, un
tempo di novità che mi poneva di nuovo di fronte alla fatica del cambiamento e
dell’inizio di ogni nuovo progetto. Sono fortunato perché ho avuto sempre la
presenza costante e nutriente di alcune persone che hanno saputo accompagnare
diverse tappe della mia vita e così anche in quest’occasione le stesse persone
si sono rivelate fondamentali per affrontare questo cambiamento con uno sguardo
e un atteggiamento che non tradisse il mio progetto di vita personale, ma
ritrovasse una fedeltà e una coerenza che non sempre sono facili da incarnare.
A notte fonda e nel silenzio dell’appartamentino che dovevo imparare a sentire
mio, due sms arrivano quasi contemporaneamente: “buon inserimento e tanta
pace”; mentre l’altro: “Notte buona…possa tu sentire il battito del cuore di
Dio nella tua vita, in quella del quartiere in cui vivi e in tutta l’umanità”.
Certamente mi hanno riscaldato il cuore, hanno dato colore alla solitudine di
quel momento, mi hanno permesso di puntare lo sguardo sulla dimensione
dell’abbandono.
Si, penso che ci si possa abbandonare, lascare andare, mollare
gli ormeggi e semplicemente smettere di camminare con il freno a mano tirato, e
questo è possibile solo quando ci si fida profondamente; appena arrivato nella
nuova abitazione, come ho sempre fatto, organizzo un piccolo angolo per la
preghiera, il silenzio, il cuore a cuore con Dio nel quotidiano, è comunque la
dimensione e l’esperienza più importante per me, è ciò che mi permette di
entrare a fondo nella realtà che scelgo di vivere, mi aiuta a “disperdermi” non
a perdermi, aprendo il Vangelo provo a fidarmi a lasciarmi prendere per mano
dalle parole che trovo scritte: “Il Regno di Dio è un granello di senape…è come
il lievito impastato nella massa” Lc 13,18-21. Anche oggi il Vangelo del giorno
è esattamente lo stesso, mi sembra una strana coincidenza, oppure sono delle
virgolette che racchiudono il senso e lo stile che ho cercato di vivere in
quest’anno, ed a queste parole mi
abbandono volentieri, mi fido, mi appassionano, come anche mi spaventano un po’,
ma non posso fare a meno di accogliere ancora l’invito a “impastarmi con la
massa”, non perché mi senta seme, assolutamente, ma perché credo che riconoscersi,
mescolarsi, meticciarsi, compromettersi, con questa massa, sia il modo migliore
per sentirsi dentro il cuore di Dio. Oggi a distanza di un anno è ancora
importante che mi lasci consumare dal silenzio vissuto qui, dall’ascolto della
realtà, dallo stare giorno dopo giorno negli incontri spontanei e informali, anche
in questo caso si tratta di abbandonarmi, lasciarmi prendere per mano dagli
altri per trasformare insieme questa realtà.