Far risuonare le proprie parole, i propri pensieri, le
proprie domande nel silenzio accogliente di una persona che ti ascolta in
profondità, è una delle esperienze più forti e vitali che mi sia successo di
sperimentare ultimamente. Non ho mai
concepito il mio percorso personale senza quel sano desiderio e bisogno di
confrontarmi con qualcuno, facendo
sempre molta attenzione a cercare persone che sappiano in libertà porre le
domande giuste, e per giuste intendo quelle che scomodano e invitano ad uno
sguardo ampio, che sanno far emergere illusioni da abbandonare senza troppi
rimpianti ed accogliere quelle opportunità concrete di crescita, che possono
passare anche attraverso sacrifici, parola strana oggi ma quanto mai da
riscoprire e ri- significare. Questo confronto non si può certo sperimentare
con un numero allargato di persone, esse
al contrario vanno centellinate, identificate, vagliate, conosciute, perché alla
fin dei conti e in sostanza, si tratta
di affidarsi reciprocamente.
Ultimamente faccio molta fatica a riconoscermi in questo
ambiente culturale dove sembra che siamo tutti interconnessi, dove le relazioni
valgono per il numero e non per la loro qualità, contano i clic, i “mi piaci”,
assunti e ricercati come conferma indispensabile che nessuno ci dimentica o che
la massa non ci ha messo ai margini, l’importante è non essere dimenticati e
per questo va bene qualsiasi cosa anche se vuota di significato. Mi sono
scoperto anch’io intrappolato e dipendente per certi aspetti, da questi
meccanismi, che non prevedono mai un confronto e una reciprocità, se non in
maniera superficiale e sicuramente non scomodante.
Ho ben chiaro il ricordo degli occhi, dello sguardo, della
postura, del profondo silenzio che sembra aver perso il rapporto con il tempo
che scorre e che quindi è libero dall’assillo del “tempo perso o guadagnato”, sono
ben impressi nella mia memoria questi elementi che ho ritrovato nelle persone
con cui ho condiviso un confronto e un ascolto profondo; chi sa ascoltare, è
capace di far riverberare la tua vita, la riecheggia aggiungendo quel dono che
consiste nel renderti consapevole della vita che sta germogliando in te, o che la
stai soffocando…e quindi perché persistere? Ed è il “silenzio” di queste
persone la cassa di risonanza, un silenzio mai emotivo, mai artefatto, mai
giudicante, direi più un silenzio grembo.
Di fronte a tante contraddizioni che questo tempo presenta e
che ostinatamente spesso confonde o non coglie, a tanta violenza, solitudine e
fatica di convivenza, sento che è un dono grande quello che mi è stato fatto da
queste persone, perché mi spingono ad andare a fondo nel mio desiderio di vita,
mi hanno fatto trovare la passione per accogliere uno sguardo e di avere uno
stile di relazione differente, più attento alla persona.
Avevo fatto risuonare a Dio la mia esigenza e Lui mi ha
posto di fronte al suo Tu