lunedì 16 maggio 2016

" In certi momenti sentiamo, nella fede, 
che esiste in noi un luogo segreto, 
nel quale la preghiera non si interrompe mai.

Dio in esso ci interpella continuamente,
 e noi in quel luogo sperimentiamo di essere legati a lui."

André Louf

"L'uomo interiore"; André Louf; ed Qiqajon

mercoledì 11 maggio 2016

Trasgressioni pericolose

Anche oggi sul pianerottolo di casa, nella fugacità dei movimenti, tra i saluti di cortesia e le piccole domande di buona educazione, fatte di “buon giorno, come va?” e “tornato adesso dal lavoro?”, trova sempre spazio una domanda molto precisa:   “ ma tu come mai vivi qui?”.

La domanda chiaramente cela una visione della realtà, un giudizio ben preciso su quest’ambiente, una fatica rispetto ad un contesto sociale non facile da abitare, non si sceglie di venire qui, come mi disse una signora africana, qui si sta per necessità, per mancanza di alternative, allora è lecito domandare: "perché vivi qui?". Sinceramente quasi mai rispondo a questa domanda, lascio che il mio interlocutore esprima di più la sua curiosità, ed in genere si apre un dialogo che mi porta nel mondo dell’altro, alla fine è chi mi sta di fronte, a raccontarmi la sua storia e il motivo per cui è finito qui, è successo così anche questo pomeriggio. Spesso il rimanere in silenzio per ascoltare in profondità, crea fiducia reciproca, evita che ci si fermi alla superficie della domanda e lascia spazio ad uno scambio molto più profondo. Mi costa fatica, eppure lentamente, nel giorno dopo giorno, scopro veramente dove può condurmi l’ascolto: dritto nel cuore della fiducia reciproca. Man mano che conosco l’ambiente, che prendo consapevolezza delle situazioni, delle dinamiche, della realtà sociale in cui vivo, prendo consapevolezza di quello che vuol dire trovarsi a parlare con qualcuno ed aprirsi, raccontarsi, è veramente qualcosa di straordinario e prezioso quando avviene: dove il sospetto è norma, la fiducia diventa trasgressione. Perché vivo qui allora? Forse per imparare certi tipi di trasgressione e si trasgredisce insieme, almeno per i miei gusti.


La mia vita nel quartiere è molto discreta, per certi aspetti anche riservata, non faccio nulla di speciale, cerco semplicemente di non porre barriere negli incontri possibili, mi lascio accompagnare dalla realtà e la realtà è fatta principalmente di persone, con le loro storie più o meno complicate e più o meno nascoste, questo è il terreno fecondo dove giorno dopo giorno provo a radicarmi, provo a dare concretezza a quell'essere "piccolo fratello"; comprendo che esternamente  ciò che emerge è una sorta di inerzia, di passività, di isolamento, in realtà scopro che è esattamente il contrario. Il “non fare” è la scelta del “non fare per primo”, “non fare al posto di”, per “muoversi con” ed essere presenti nel momento in cui una piccola o grande speranza nella vita di qualcuno si manifesta palesemente.


Mi ero trattenuto  con il mio vicino sul pianerottolo solo perché quella domanda consueta mi aveva invitato di nuovo a fermarmi un po’ di più, ma in realtà stavo andando al piano di sopra da un altro vicino indiano, il motivo era semplice: un piccolo aiuto per comprendere i test della scuola guida. Non so come si possa passare dai test per la patente B, al racconto della propria vita in Italia, alle fatiche vissute, fino alle ferite che ci si porta dietro per esperienze difficili, probabilmente non è nemmeno così importante saperlo, ciò che conta veramente è che si possa sperimentare la trasgressione della fiducia reciproca, di cui sopra. Tra me ripenso alla domanda sul pianerottolo e sorrido sotto i baffi: ecco perché sono qui.


cfr. Luciano Manicardi; "Il Vangelo della fiducia"; ed. Qiqajon