Questa mattina avvicinandomi alla mia libreria mi cade lo
sguardo su un piccolissimo libricino verde, è lì da un anno, da quando ho fatto
il trasloco e sono arrivato in questa nuova casa, mi incuriosisce perché in
effetti non ricordo assolutamente il suo contenuto. Apro, osservo la mia
scrittura decisamente ordinata, sbircio velocemente e noto che sono una serie
di pensieri numerati, sembra avere lo stile della “bella copia”. Spontaneamente
sorrido, ma è piuttosto legato al ricordo che subito emerge , quasi a rivivere
dopo un lungo letargo; in effetti pur non avendo la data, so bene che il
contenuto l’ho scritto nel 1999, dopo il rientro dalla Francia e all’inizio del
mio percorso qui a Fermo. Nero su bianco ho cercato di scrivere quale era il
mio desiderio di vita, la mia scelta, una sorta forse di “regola di vita”?
probabile, anche se non ho mai amato questa terminologia, preferisco “progetto
di vita”. Nonostante l’esame che
incombe, non posso perdermi questo piacere: sedermi per terra e leggere. C’è
veramente tutto quello che in questi anni ho cercato, desiderato, messo in
dubbio, rafforzato, difeso, tutto quello per cui mi sono appassionato e che ha
caratterizzato fortemente la mia vita. Continuo a leggere e ad ogni frase
emerge anche un ricordo, l’immagine di un incontro, la forza di un’esperienza,
la durezza di un errore, mi accorgo che forse inconsapevolmente quello che
cercavo di fare in quel momento, era evidenziare le tracce lasciate lungo il
mio cammino per evitare che qualcosa andasse perso, ma soprattutto la
consapevolezza che le proprie scelte non vengono astrattamente dall’alto, ma
germogliano lentamente ai margini della strada percorsa. Più entro nella mia
storia personale, più cerco di scorgere le sfumature vissute, gli incontri, le
relazioni e più emerge, senza nessuna
forzatura, il senso di quanto ho avuto in dono di vivere. Ed è questo che apre
il cammino. Lo apre ancora oggi e lo rende concreto, saporito, appassionato.
Oggi ho un “progetto di vita”, che racchiude il senso della
mia scelta, è un po’ un ponte tra quanto ho sperimentato e interiorizzato in
questi anni e quanto desidero ancora vivere, è il passato che prende per mano
il futuro per spingerlo in avanti, sono le parole per dire che quanto ho
vissuto, è stato proprio bello, per questo scelgo ancora di viverlo impastandolo
con quello che verrà. Nel libricino verde rintraccio due parole fondamentali:
silenzio e relazione. Possono sembrare in contraddizione tra loro, non
conciliabili, come se l’una escludesse l’altra,
eppure sono intrecciate profondamente tra loro, non sono nemmeno due facce
della stessa medaglia, sono lo stesso lato della medaglia, meticciate e ben
distinte. Il silenzio nutre ogni relazione capace di intimità e vicinanza, il
silenzio nella relazione evita l’invasione, il superamento prepotente dei
confini, smaschera il desiderio di possedere e utilizzare l’altro. La relazione
poi garantisce al silenzio di non cadere nella solitudine, nella fuga, nel
vuoto, nell’autoreferenzialità, nel bastare a se stessi. La relazione e il
silenzio ci mettono nella condizione di “sconfinare”, di andare oltre, senza
arrivare per primi, ma arrivare sempre con altri. Oggi personalmente non riesco
più a distinguere se questa dimensione della “relazione e silenzio” appartiene
alla sfera dei rapporti umani, o al mio rapporto con Dio, sinceramente non mi interessa
nemmeno più distinguerli: nel cuore di Dio e nel cuore degli uomini non per
rintracciare distinzioni ma per immergersi in una pienezza.
amedeo.angelozzi@tiscali.it |