venerdì 20 marzo 2015

Minestrina riscaldata

Le giornate sono piene d’incontri, di parole ascoltate, sono ricche di situazioni che a volte mi vengono consegnate tra le mane con una certa discrezione e delicatezza, altre volte mi viene buttato tutto addosso, con un buon carico di rabbia e aggressività: è il lavoro che ho scelto di fare e sono anche le priorità che ho deciso di dare alla mia vita, che mi permettono di abitare certe esperienze d’ascolto, anche quando diventa duro mettersi di fronte alle ferite degli altri. Questi sono i mesi dell’anno decisamente più ricchi in questo senso, il lavoro intenso nelle scuole tra adolescenti, bambini, e adulti, poi l’impegno nella comunità d’accoglienza e non ultimo il quartiere in cui vivo, tutto diventa occasione per incontrare, per lasciarmi toccare, coinvolgere, interrogare e soprattutto mettermi in crisi. Molto spesso ho condiviso con gli amici più intimi, che se potessi tornare indietro, farei di nuovo tutto quello che ho sperimentato e scelto, me lo ripeto spesso anche nella preghiera: ne è valsa la pena, per questo sento il desiderio di continuare, di andare ancora più a fondo. Di fronte a tante situazione di disorientamento e di crisi che molte persone vivono, mi sembra di correre il rischio di essere a mia volta travolto, di perdere uno sguardo comunque positivo sulla da farsi, su come affrontare i tanti cambiamenti che si presentano quotidianamente e velocemente, ho come l’impressione che tutto deve scorrere con una certa frenesia per raggiungere una metà che in realtà non è chiara a nessuno. A me sembra di percepire tanta solitudine ed isolamento, mascherato dall’ansia di essere sempre connessi con il mondo intero, basta un click di mouse e tutti sanno quello che stiamo facendo, non importa se è di spessore o una semplice banalità, ciò che sembra gratificare o pacificare è che gli altri si accorgono di noi. Tutto questo è come una minestrina che non mi nutre.



Quando esco da due ore di laboratorio con gli adolescenti a scuola, per un po’ di tempo mi risuonano dentro i loro vissuti, quello che con tanta fatica si trovano a vivere, spesso mi sorge anche la rabbia per quanto noi adulti siamo stati incapaci nel dare loro gli strumenti giusti per affrontare quel passaggio della vita tanto turbolento quanto vitale, energico, esplosivo; non sono le loro tensioni evolutive ad affaticarli, sono molte volte le nostre inconsistenze di adulti, scaricate sulle loro spalle, a rendere la loro adolescenza un rischio. Molte volte il laboratorio per me è un esperienza paragonabile ad una lotta, una sfida continua alla mia resistenza o meglio ancora alla mia coerenza  e autenticità: i ragazzi chiedono di non barare, non ingannare, soprattutto chiedono che tu non fugga.  Da quest’esperienza mi porto dietro gli sguardi diretti dei ragazzi, le loro questioni che lentamente emergono quando percepiscono che c’è il rispetto e la presenza rassicurante dell’adulto, ma mi porto dietro anche il non detto, le storie difficili, i vissuti a rischio e la rabbia che inevitabilmente si accumula in loro e che si mescola con la mia, anzi la nostra impotenza, perché devo dirlo, sono anche fortunato, condivido tutto questo con altri adulti appassionati del loro lavoro educativo. In queste situazioni la “minestrina riscaldata” di cui sopra, non ha proprio nessun valore se non quello di far finta di placare una fame, un vuoto nello stomaco, ma è un effetto placebo che dura poco e non fa altro che aumentare la voragine di vuoto. C’è un altro cibo di cui, a mio parere,  abbiamo perso il gusto e di cui non sappiamo più nutrirci: sono le relazioni; 

Marco, ad un certo punto,  nel Vangelo che scrive racconta che Gesù dopo aver mandato i discepoli in giro ad incontrare la gente e portare “parole” autentiche, nell’accoglierli al loro ritorno, non dà tanto spazio al loro entusiasmo o alle imprese eroiche che hanno compiuto, fa loro una proposta quasi banale,  “venite in disparte a riposarvi” (Mc 6,31); per vivere a fondo le relazioni, per scorgere e riconoscere “parole di senso”, per saper far risuonare nella vita degli altri e nella propria,  parole di senso, sento necessario scoprire questi spazi di assoluta gratuità, d’intimità profonda dove in assoluto è bandito qualsiasi tentativo di manipolare l’altro o la realtà, dove  si apprende a non possedere, ma a ricevere. Dio è capace di una proposta così essenziale e per questo così  “rischiosa”.




Spazi di Fraternità- Accoglienze

Eccoci di nuovo pronti ad aprire e dar vita con il confronto, ad un nuovo "Spazio di Fraternità": ci troveremo domenica prossima 22 MARZO dalle ore 16.00 alle ore 18.00 presso i locali della parrocchia San Marco alle Paludi (FERMO).
La parola scelta per l'incontro è "ACCOGLIENZA", a suggerire spunti e favorire il confronto Stefano Ricci e Cinzia Spataro, famiglia affidataria da anni impegnata in quest'esperienza e che molti di noi conoscono, per questo motivo siamo sicuri che non mancheranno buoni stimoli.
Vi aspettiamo.