mercoledì 29 giugno 2016

Le parole del silenzio e gli sguardi creativi



Le mattinate più libere sono una vera rarità, dopo l’abbuffata d’impegni lavorativi, tra i progetti nelle scuole e il lavoro in comunità d’accoglienza, mi rendo conto che avere ora del tempo per riprendere le energie e interiorizzare anche quanto ho vissuto, è una grande opportunità oltre che una vera e propria necessità umana e professionale. Immerso costantemente in differenti situazioni, in ascolto del quotidiano e delle fatiche che i ragazzi vivono, scopro come sia utile  e necessaria  avere una buona dose di energia e perché no, anche di passione; è una bella sfida il lavoro che ho scelto di portare avanti, me ne accorgo quando di fronte all'altro mi ritrovo a contatto stretto con quello che l’esistenza umana può significare: più avvicino, accompagno e incontro la fatica dell’altro, più sento dentro risuonare quei “tasti dolenti” come li chiama Daniele Novara, che mi ricollegano alla mia storia, alla mia realtà personale, fatta anch'essa di fatiche, ferite, conquiste, possibilità e vulnerabilità.
La sfida più grande che sento di dover accogliere è quella di assumere la mia “responsabilità d’adulto”; nel momento in cui esprimo questa convinzione e la formulo con quest’espressione “responsabilità d’adulto”, mi rendo conto di essere fuori tempo, di usare un linguaggio “passato”, di far riferimento a ciò che non è più considerato assolutamente “al passo con i tempi”, anzi nel momento in cui la faccio risuonare  nella mia testa, emerge, non so per quale motivo e spinta da chi, un’altra convinzione: “ti sei proprio invecchiato!”. L’adulto nel nostro immaginario ormai è quasi sempre sinonimo di “fine corsa”, di arrivato, inamovibile, l’adulto è visto e percepito anche come colui che ha trovato “il posto fisso”, che ha fatto scelte, questa condizione e status dell’adulto non rispecchia assolutamente il vivere di oggi, direi meglio non risponde più al bisogno degli “adulti” di questo tempo.  Sono costantemente posto di fronte a situazioni personali caratterizzate da un continuo fluttuare, un’instabilità, un incertezza, un assenza di punti fermi, una situazione esistenziale che vedo riflessa nei ragazzi quanto negli adulti (anagraficamente parlando); mi colpisce come le incertezze e quella sana confusione per il futuro che vivono gli adolescenti, risuona ancora in molti adulti, ma in loro stona, quella si che è “fuori tempo”. 
Scrive Francesco Stoppa: “ Si è parlato molto dell’incapacità della generazione adulta d’oggi di assumersi quella che si chiama funzione paterna. Amici, fratelli o sorelle dei propri figli si!, ma per favore, non genitori1 e aggiunge la citazione di Senzolo: “ E’ proprio la differenza ad essere esorcizzata, sembra che tutto si debba assomigliare, i genitori ai figli, gli adolescenti  agli adulti, tutti coinvolti in uno stile all'insegna del giovanilismo, al cui cuore sta l’idea che occorre mantenere aperte tutte le possibilità, procrastinando indefinitamente il tempo delle scelte.”2 Questa sento che è la grande illusione e l’inganno che goccia dopo goccia trasforma, modella ed entra in profondità trasformando il senso che diamo all'essere uomo. A quest’illusione voglio ribellarmi, fare resistenza e scegliere, proprio nella responsabilità d’adulto, di non accogliere questa sorta di “legge naturale” di cui non conosciamo la fonte ispiratrice, anche se basta spegnere le informazioni di massa e mettersi in buona compagnia dei libri e si può ben scoprire chi è il creatore di questo nuovo verbo incarnato. La fatica di noi adulti toglie speranza e creatività ai giovani, con chi si misurano, con chi possono sperimentare quella sana contrapposizione, a chi si ribellano per affermare che non vogliono rinunciare ad essere protagonisti e fautori del cambiamento, non hanno più voglia di farlo, o peggio non ne sentono la necessità, nessuno gli ha detto che tocca a loro sporcarsi le mani, faticare, battersi, nessuno li pone davanti ad un affermazione molto scomoda e vitale: ora tocca a te perché a me tocca fare un passo a lato. Afferma ancora  F. Stoppa, gli adulti non voglio cedere il posto di contestatori e ribelli ai loro figli, sono ancora convinti di essere il centro del cambiamento, quando invece sono in un tempo diverso dell’esistere; se non facciamo spazio, che non è retrocedere, dimettersi, rinunciare alla creatività, ma saper cogliere e vivere un altro tempo del nostro esistere, lasciando che siano altri a raccogliere la sfida del camminare, del trasformare, allora diventeremo solo degli ostacoli, degli intralci. Mi piace scoprire in questo mio tempo della maturità, che essenzialmente mi viene proposto di essere credibile quando affermo: ne vale la pena spendersi, costi quel che costi.


La scelta contemplativa che cerco di vivere nel contesto del quartiere vuole avere proprio questa dimensione, questo sguardo gettato in avanti senza mai perdere di vista il presente, assumendolo a partire dalla realtà concreta, cioè dal basso, da quella realtà umana della maggior parte della gente che non viene mai raccontata dalla comunicazione di massa. In questo contesto, dove ci si perde, disperde e ci si ritrova grazie alla forza  delle parole non buttate a caso quando nascono da incontri profondi, o dagli sguardi di attenzione di alcuni vicini che narrano un modo differente di essere in relazione, è da questo giorno dopo giorno anonimo e disperso, che mi arriva una spinta vitale, mi fa sentire concretamente che la vita ancora può gorgogliare tra le mani, che non passa sola da me e grazie a me, ma oltre me. E’ una grande sfida questa epoca che stiamo vivendo, forse siamo troppo imprigionati dall'idea di crisi, e l’uomo che si sta costruendo è di sabbia, perché sempre più irrigidito e ingabbiato dall'illusione dell’individualismo e della perdita di sé, come dice Catherine Ternynck 3, questo si è il nuovo idolo, che ti fa sentire libero se ti sottometti al suo pensiero; ma dal basso la realtà risuona diversamente, anche qui la “contaminazione”, non risparmia nessuno, eppure silenziosamente si può scorgere altro. E’ il tempo delle parole del silenzio e degli sguardi creativi.




1 F. Stoppa; "La restituzione; perchè si è rotto il patto tra generazioni"; ed Feltrinelli; cit. p. 159
2 G. Senzolo; "Ritrovare il futuro"; cit. p. 119.
3 K. Ternynck; " L'uomo di sabbia; individualismo e perdita di sé" ed. Vita e Pensiero.