Le mattinate più libere sono una vera rarità, dopo
l’abbuffata d’impegni lavorativi, tra i progetti nelle scuole e il lavoro in
comunità d’accoglienza, mi rendo conto che avere ora del tempo per riprendere
le energie e interiorizzare anche quanto ho vissuto, è una grande opportunità
oltre che una vera e propria necessità umana e professionale. Immerso
costantemente in differenti situazioni, in ascolto del quotidiano e delle
fatiche che i ragazzi vivono, scopro come sia utile e necessaria
avere una buona dose di energia e perché no, anche di passione; è una
bella sfida il lavoro che ho scelto di portare avanti, me ne accorgo quando di
fronte all'altro mi ritrovo a contatto stretto con quello che l’esistenza umana
può significare: più avvicino, accompagno e incontro la fatica dell’altro, più
sento dentro risuonare quei “tasti dolenti” come li chiama Daniele Novara, che
mi ricollegano alla mia storia, alla mia realtà personale, fatta anch'essa di
fatiche, ferite, conquiste, possibilità e vulnerabilità.
La sfida più grande che sento di dover accogliere è quella
di assumere la mia “responsabilità d’adulto”; nel momento in cui esprimo questa
convinzione e la formulo con quest’espressione “responsabilità d’adulto”, mi
rendo conto di essere fuori tempo, di usare un linguaggio “passato”, di far
riferimento a ciò che non è più considerato assolutamente “al passo con i
tempi”, anzi nel momento in cui la faccio risuonare nella mia testa, emerge, non so per quale
motivo e spinta da chi, un’altra convinzione: “ti sei proprio invecchiato!”.
L’adulto nel nostro immaginario ormai è quasi sempre sinonimo di “fine corsa”,
di arrivato, inamovibile, l’adulto è visto e percepito anche come colui che ha
trovato “il posto fisso”, che ha fatto scelte, questa condizione e status
dell’adulto non rispecchia assolutamente il vivere di oggi, direi meglio non
risponde più al bisogno degli “adulti” di questo tempo. Sono costantemente posto di fronte a
situazioni personali caratterizzate da un continuo fluttuare, un’instabilità,
un incertezza, un assenza di punti fermi, una situazione esistenziale che vedo
riflessa nei ragazzi quanto negli adulti (anagraficamente parlando); mi
colpisce come le incertezze e quella sana confusione per il futuro che vivono
gli adolescenti, risuona ancora in molti adulti, ma in loro stona, quella si
che è “fuori tempo”.
Scrive Francesco Stoppa: “ Si è parlato molto dell’incapacità
della generazione adulta d’oggi di assumersi quella che si chiama funzione
paterna. Amici, fratelli o sorelle dei propri figli si!, ma per favore, non
genitori”1 e aggiunge la citazione di Senzolo: “ E’ proprio la differenza ad
essere esorcizzata, sembra che tutto si debba assomigliare, i genitori ai
figli, gli adolescenti agli adulti,
tutti coinvolti in uno stile all'insegna del giovanilismo, al cui cuore sta
l’idea che occorre mantenere aperte tutte le possibilità, procrastinando
indefinitamente il tempo delle scelte.”2 Questa sento che è la grande illusione
e l’inganno che goccia dopo goccia trasforma, modella ed entra in profondità trasformando
il senso che diamo all'essere uomo. A quest’illusione voglio ribellarmi, fare
resistenza e scegliere, proprio nella responsabilità d’adulto, di non
accogliere questa sorta di “legge naturale” di cui non conosciamo la fonte
ispiratrice, anche se basta spegnere le informazioni di massa e mettersi in
buona compagnia dei libri e si può ben scoprire chi è il creatore di questo
nuovo verbo incarnato. La fatica di noi adulti toglie speranza e creatività ai
giovani, con chi si misurano, con chi possono sperimentare quella sana
contrapposizione, a chi si ribellano per affermare che non vogliono rinunciare
ad essere protagonisti e fautori del cambiamento, non hanno più voglia di
farlo, o peggio non ne sentono la necessità, nessuno gli ha detto che tocca a loro
sporcarsi le mani, faticare, battersi, nessuno li pone davanti ad un
affermazione molto scomoda e vitale: ora tocca a te perché a me tocca fare un
passo a lato. Afferma ancora F. Stoppa,
gli adulti non voglio cedere il posto di contestatori e ribelli ai loro figli,
sono ancora convinti di essere il centro del cambiamento, quando invece sono in
un tempo diverso dell’esistere; se non facciamo spazio, che non è retrocedere,
dimettersi, rinunciare alla creatività, ma saper cogliere e vivere un altro
tempo del nostro esistere, lasciando che siano altri a raccogliere la sfida del
camminare, del trasformare, allora diventeremo solo degli ostacoli, degli
intralci. Mi piace scoprire in questo mio tempo della maturità, che
essenzialmente mi viene proposto di essere credibile quando affermo: ne vale la
pena spendersi, costi quel che costi.
La scelta contemplativa che cerco di vivere nel contesto del
quartiere vuole avere proprio questa dimensione, questo sguardo gettato in
avanti senza mai perdere di vista il presente, assumendolo a partire dalla
realtà concreta, cioè dal basso, da quella realtà umana della maggior parte
della gente che non viene mai raccontata dalla comunicazione di massa. In
questo contesto, dove ci si perde, disperde e ci si ritrova grazie alla forza delle parole non buttate a caso quando nascono
da incontri profondi, o dagli sguardi di attenzione di alcuni vicini che
narrano un modo differente di essere in relazione, è da questo giorno dopo
giorno anonimo e disperso, che mi arriva una spinta vitale, mi fa sentire
concretamente che la vita ancora può gorgogliare tra le mani, che non passa
sola da me e grazie a me, ma oltre me. E’ una grande sfida questa epoca che
stiamo vivendo, forse siamo troppo imprigionati dall'idea di crisi, e l’uomo
che si sta costruendo è di sabbia, perché sempre più irrigidito e ingabbiato
dall'illusione dell’individualismo e della perdita di sé, come dice Catherine
Ternynck 3, questo si è il nuovo idolo, che ti fa sentire libero se ti sottometti
al suo pensiero; ma dal basso la realtà risuona diversamente, anche qui la “contaminazione”,
non risparmia nessuno, eppure silenziosamente si può scorgere altro. E’ il
tempo delle parole del silenzio e degli sguardi creativi.
1 F. Stoppa; "La restituzione; perchè si è rotto il patto tra generazioni"; ed Feltrinelli; cit. p. 159
2 G. Senzolo; "Ritrovare il futuro"; cit. p. 119.
3 K. Ternynck; " L'uomo di sabbia; individualismo e perdita di sé" ed. Vita e Pensiero.