domenica 14 aprile 2019

Disorientarsi


Vorrei davvero tanto che le parole ritrovassero una loro umiltà profonda, quella capacità di comprendere che si è parte di un insieme e non il centro dell’insieme, umiltà è quel viaggio profondo, lento e a tratti resistente, che ci porta lì al punto d’incontro tra ciò che siamo realmente e ciò che sentiamo di essere, l’umiltà è un bacio e un abbraccio che si produce in noi, è un “far luce”, uno svelare e quindi un gesto leggero, rispettoso, libero e meravigliato di chi sfila via un velo che ha coperto per troppo tempo il vivere;  l’umiltà è una riconciliazione profonda che ci apre gli occhi sul reale e ci fa cogliere in profondità la vita e soprattutto la vita di relazione.  Le nostre parole hanno allora bisogno di baciare e abbracciare il silenzio, in un gesto sensuale e generativo che porta inevitabilmente altrove, nei terreni inesplorati dell’umano. Il silenzio quando non è voragine che ingoia, quando non è assenza disperata o negazione di contatto, diventa grembo e spazio donato, diventa acqua fresca  di sorgente, calore che non inaridisce e fuoco che non consuma, ma plasma e modella. Al suo contatto la parola torna a generare, apre e spalanca l’orizzonte, coglie in un suono l’inaspettato, nel senso racchiude un indicazione,  ma non soffoca nessuna sfumatura; la parola pronunciata nel cuore del silenzio è un suono preciso che sa includere in se la pluralità dei significati, per questo la parola si nutre del desiderio di essere accolta.

Sento il bisogno profondo che l’abbraccio tra silenzio e parola, avvenga coraggiosamente in questo oggi, irrompa inaspettatamente in questo tempo, spezzi schemi e certezze, provochi e penetri come inciampo nella corsa folle della nostra comunità umana chi rischia di chiamare nichilismo libertà.
Percepisco una sorta di tensione interiore, che mi seduce e allo stesso tempo genera resistenza, mi affascina e mi chiama l’attenzione;  il pensiero e il cuore che esplorano e danno spazio agli input di questa settimana che da sempre indichiamo come santa, si sentono attratti principalmente dal silenzio del sabato santo, da quella quiete, da quella sosta improvvisa. Il prima e il dopo quel giorno trovano il loro punto d’incontro in quella dimensione d’intimità del sabato santo, dove Silenzio e Parola in un gesto di creazione di “dopo diluvio”, di tenacia un po’ ostinata e testarda, si abbandonano al DISORIENTAMENTO.

In quel sabato Dio e l’Uomo si fanno compagnia nell'essere privi di orientamento e nel punto più alto d’intimità ritrovata, il sepolcro non può che essere vuoto.