domenica 4 giugno 2023

Vuoto a rendere

 


L’altro è l’indesiderato” così si esprimeva Emmanuel Levinàs, un espressione che risuona spesso nella mia testa e provoca immagini e sensazioni  contrastanti, genera un sussulto di vita mentre ne colgo una sorta di graffio profondo. Non riesco assolutamente ad immaginare la mia vita e la mia scelta di vita in particolare, senza cogliere in ogni istante che ho vissuto, una presenza, una relazione; alcune hanno generato dei veri e propri capovolgimenti, hanno aperto strade e possibilità inaspettate, altre hanno prodotto ferite, evidenziato vulnerabilità, colto fragilità profonde e contraddizioni: ogni tratto che mi caratterizza non è altro che una parte di me che custodisce il volto di chi ho incontrato. La costruzione della nostra identità è come un lavoro costante e paziente, tenace e a volte caparbio, di chi, come un artigiano, sa costruire a mani nude e a volte con pochi strumenti, una “custodia” dove non solo  collochi ciò che l’altro può deporre, ma ne prendi cura perché la muffa e “la tignola non consumi” il dono che ti è stato consegnato. Se per un solo istante fermo il tempo che scorre, rallento la corsa del quotidiano e parcheggio nella dimensione del silenzio e del vuoto, non posso far altro che constatare che il mio “io” non ha mai generato e creato se stesso, il mio “io” è suo malgrado, il frutto di una libertà, quella di lasciarsi plasmare, toccare, generare da altri, non certo della presunzione del “farmi da solo”. Plasmare vuol dire anche raggiungere l’altro toccandolo, avvicinando le mani, entrando in contatto, come l’artigiano quando modella la creta: avvicinando e quasi sfiorando quell’impasto di acqua e argilla, il vasaio deve avere cura perché la sua forza non spezzi, non imponga un “modello”. Con la creta l’artigiano si mette in relazione, ne sogna la forma, ne desidera un’armonia, ne immagina una bellezza, ma deve intercettare anche le possibilità che quella piccola zolla di creta può realizzare: anche un vaso è frutto di una relazione e se è piena e armonica, il vaso trova la sua identità, non nella bellezza, non  nell’armonia, né nella sua unicità, ma nel suo  essere “vuoto che accoglie”; una relazione è nutriente, ci libera e umanizza se ci renda capaci di essere recettivi, vulnerabili, abbordabili e capaci di perderci in altre relazioni. Siamo sognati nell’impasto di relazioni costanti, crete fragili e vulnerabili, soggette a modellarsi su forme rigide che si spezzano o armonie che sanno coniugarsi con mille altre, senza il bisogno di emergere o distinguersi per narcisistiche originalità.

  


 Ogni volta, ogni momento in cui forte è il desiderio di intimità con la Presenza, mi colgo nel volto inafferrabile ed elusivo di Dio; nelle “mani” del vasaio non mi trovo affatto manipolato, mi sorprendo piuttosto del suo “tatto” e della delicatezza con cui mi sfiora. Come una “brezza di vento leggero”,  così è il suo essere in relazione con me ed è questa relazione che mi plasma, non il suo potere manipolativo; Lui non mi trattiene, perché non trattiene la vita in sé, ma la genera in sovrabbondanza in me. E tutto questo  è paradossalmente anche “indesiderato” , in quanto chiede lo sforzo di perdermi, di emigrare dall’auto-referenzialità, assumendo la ferma decisione che “non si basta a se stessi”.

    Quando lasci che Lui affondi le sue mani nella creta del tuo io, senti che ti sta preparando ad affondare te stesso e la tua esistenza nella creata fragile dell’umanità; costruisci con il silenzio quel vuoto che accoglie il volto dell’altro, ti spogli di pretese, smonti pezzo pezzo le rigidità che fanno da ostacolo all’incontro con il fratello, congedi te stesso dall’idolo del tuo IO e ti metti in cammino, giorno dopo giorno, ti lasci gettare come un minuscolo seme non più preoccupato di quello che dovrà diventare, ma semplicemente assetato di relazione, perché la relazione è acqua fresca che arriva nel deserto.

  


 Cos’è e come comprendo la scelta di vivere da piccolo fratello oggi? Beh direi: un vaso di creta, nelle mani del Vasaio e i suoi artigiani, gli uomini e le donne di questo tempo.