sabato 1 dicembre 2012

Charles de Foucauld, in costante movimento


Charles de Foucauld moriva il 1 dicembre del 1916 a Tamanrasset in Algeria.
Questo è il giorno in cui tutte le fraternità lo ricordano, ma per evitare di rendere tutto un po’ museale, o di dipingere il personaggio come un eroe, o un santo da stampare in serie in formato tascabile, sarebbe bene che ci lasciamo ancora provocare dalla sua esperienza. Una vita fatta di continui cambiamenti, di ricerca costante del suo ideale di vita, ma soprattutto fatta di passione per il suo “Beneamato Gesù”, come lo chiamava. Chiaramente oggi leggendo ancora i sui scritti, che avevano il solo scopo e obiettivo di essere appunti personali, beh! Ci fanno sorridere per la loro forma e il loro stile linguistico, in molti passaggi risentono del devozionismo dell’epoca, ma se si passa a leggere quella che è stata la sua esperienza e la sua risposta al Vangelo, scoperto molto tardi nella sua vita, allora possiamo comprendere quanto fosse fuori le righe del suo tempo. Per me lo è ancora: cosa dice alla comunità dei cristiani oggi, quando parla di nascondimento, di lavoro manuale, di mescolarsi nella massa, di apostolato dell’amicizia, di non essere distinto dagli altri in nessuna maniera, “ ma essere in tutto come Gesù a Nazareth”?

La nostra comunità cristiana e la nostra Chiesa è in profonda crisi, e negarlo vuol dire non leggere la realtà e non saper vivere il presente, rispondere alle sfide attuali con un ritorno in dietro nelle forme, nelle strutture e nelle riflessioni teologiche, mi sembra una mancanza di fiducia nel Vangelo stesso, o ancor peggio significa a mio parere, spendere tutte le energie per imbalsamare e mummificare il Vangelo. Charles de Foucauld dopo un lungo tempo di crisi e di vuoto, di indifferenza verso la fede e gli uomini di fede, riscopre una presenza, che prima di tutto si incontra nella piccolezza e nell’impotenza, e in particolare la scopre nella vicinanza all’altro.

All’inizio la sua scelta di vita religiosa lo ha spinto ad andare nei luoghi e tra le persone che non erano evangelizzate, pur parlando di un annuncio semplice, fatto nel silenzio e nella presenza dell’Eucaristia, era comunque completamente immerso in quella mentalità e visione dell’annuncio,  che rispondeva ad un binomio molto semplice: predicare il Vangelo e convertire. Ciò che a mio pare ha modificato e trasformato completamente la sua visione, il suo pensiero e la sua prospettiva e per questo ha profondamente mutato il suo relazionarsi con gli altri, è stato il lasciarsi contaminare dalla gente.
Man mano che ha saputo abitare i luoghi, incontrare uomini e donne di culture e religione diversa, inoltrandosi fisicamente nel cuore del deserto verso le popolazioni più povere e isolate, la sua fede, il suo rapporto con Dio e gli altri si è trasformato: non la conversione, ma la conoscenza dell’altro; non l’apologia della propria fede, ma la condivisione dell’esperienza di Dio, non più il battezzare ma l’immergersi insieme nella dimensione di Dio.
Di seguito altri testi per approfondire

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