martedì 26 marzo 2013
domenica 24 marzo 2013
Far West e Ponti
Primavera sul mio balcone |
Uno di loro mi dice che mi ha incontrato a scuola appena arrivato in Italia, mi racconta di come cercava di capire quello che gli dicevo dai gesti e dalle facce che facevo, le quattro parole d’italiano che conosceva le cercava tra le mille che pronunciavo per afferrare il discorso, mi rivela che ha chiesto informazioni su di me anche ad altri, perché non riusciva a ricordarsi dove mi aveva visto. Il suo racconto l’ho vissuto come una forma di accoglienza, quando poi gli ho detto semplicemente che avevo scelto di venire qui, mi ha risposto con un’esclamazione: “ Hai scelto!”, come a dire qui non si sceglie di venire, ci si ritrova per forza quando non si ha alternativa, del resto è un quartiere che ha un marchio e rischi di stampartelo addosso. Ascolto e mi rendo conto che devo ancora fare tanto silenzio, che nonostante i cinque mesi trascorsi qui, ho ancora necessità di essere accompagnato da questa gente per entrare veramente nel cuore di questa realtà, che non è strana, diversa, rara, è semplicemente realtà umana, che le istituzioni e gli eventi hanno ghettizzato e messo ai margini. Mentre parlo con loro, tra me penso che qui non è solo far west, è anche altro, molto altro e non si può semplificare, la complessità è la caratteristica del nostro vivere sociale e le generalizzazioni sono solo degli abbagli che per un breve istante danno l’impressione che si è afferrata la realtà, ma è solo illusione. IL ragazzo del quinto piano Ku. (metto solo le iniziali) mi invita a casa sua e con naturalezza mi mostra le foto della sua famiglia, della sua giovane promessa sposa e della sua religione induista; di colpo sono in un altro mondo, più ascolto e più mi sembra di sentire dentro il senso della mia scelta di piccolo fratello. Il far west è fatto anche di ponti.
sabato 16 marzo 2013
Il soffio di un vento leggero...
La stagione primaverile sta arrivando, anche se ancora
stenta a manifestarsi attraverso i suoi colori e il suo calore, ogni tanto
arriva una giornata di sole che ci disorienta, oppure per chi è metereopatico
come me, si sta peggio che nei giorni di pioggia, è un paradosso ma è così,
sembra che ci si abitua talmente tanto alle giornate brutte che quelle belle
poi ci disorientano. Ma il soffio del vento leggero questi giorni non è solo
legato al cambio climatico, è legato a parole, gesti, scelte e situazioni che
irrompono inaspettatamente, e che per questo scombinano schemi e rigidità
consolidate, sono parole e gesti che non nascono altrove e irrompono nella
nostra realtà, esse fanno parte di noi, del nostro vissuto della nostra storia,
dei nostri valori di riferimento, le abbiamo semplicemente soffocate,
disinnescate, ridotte e svuotate di senso. Esco dalla metafora per esplicitare
meglio quello a cui mi riferisco: la scelta del vescovo di Roma, Francesco, e i
discorsi che ho ascoltato alla radio della nuova presidente della Camera
Boldrini e del Senato Grasso. Non voglio mescolare politica e religione, gli
effetti sono ben chiari e i disastri sono sulle nostre spalle, anzi sono la
fonte del disorientamento che tutti stiamo vivendo, mi riferisco all’irrompere
di parole e gesti nuovi, che a mi hanno non tanto emozionato, l’emozione è
momentanea, passa velocemente, direi che
mi hanno scosso dal torpore e motivato, incoraggiato. Oggi sentivo che
il Vescovo di Roma diceva ai giornalisti: “sogno una Chiesa povera per i
poveri,” e in altri passaggi ha ribadito la centralità del messaggio di Gesù,
non dei ruoli che vengono ricoperti nella Chiesa. La Boldrini ha ricordato che
al centro del Parlamento deve esserci la sobrietà e il servizio verso quelli
che sono più in difficoltà, ha elencato e chiamato per nome i problemi:
esodati, disoccupati, immigrati morti nel Mediterraneo, pensionati, donne che
subiscono violenza, ad esse va data una risposta, i diritti dell’uomo vanno
posti al centro ed orientano l’operato di chi ha scelto di mettersi a
disposizione. Personalmente sia rispetto alla mia Chiesa che al mio Parlamento
non chiedo di essere rappresentato da un potere, ma da un servizio. Non so se è
più necessario urlare, irrompere, scuotere con gesti forti, probabilmente anche
questo è necessario, ma ritengo che sia più efficace un cambiamento di stile,
che si manifesta nella concretezza delle scelte, nella decisione di lasciare da
parte ciò che è palesemente inutile, come apparato, forma e ampollosità vuota
che ha il solo scopo di mantenere tutto immobile perché qualcuno possa
esercitare il suo potere.
Mi risuonano le parole di Charles de Foucauld
rispetto a tutto questo, scriveva: “ Signore come diventerà presto povero colui
che, amandoti di tutto cuore, non potrà sopportare di essere più ricco del suo
Diletto…Mio Dio io non so se è possibile a certe anime vedervi povero e restare
volentieri ricche, vedersi tanto più ricche del proprio Maestro…per conto mio
non posso concepire l’amore senza un bisogno imperioso di conformità, di
somiglianza e soprattutto di partecipazione a tutte le pene, le difficoltà, le
durezze della vita”. Mi piace questo passaggio di fratel Carlo, non si tratta
di imitare, o scimmiottare uno stile essenziale, si tratta a mio parere di aver
ben chiaro la posizione di Gesù, la sua scelta, il suo modo di agire e di
conseguenza scegliere. Tante sono le suggestioni di questi giorni, ma è anche chiaro
il rischio che questo sia solo emotività e poesia; mi piace pensare che sono
segni: è un vento leggero, proprio perché leggero può irrompere e piano piano
trasformarsi in uragano che stravolge, o
può anche spegnersi, dipende da ognuno di noi. Se ci compromettiamo con questo
venticello, allora soffierà più forte, se ci emozioniamo o poco più, sarà una
semplice folata che al massimo fa venire il raffreddore. Non i papa boys, vi
prego, che hanno trovato un ritmo sincopato per gridare “papa Francesco”, rischiano di rincorrere eventi suggestivi, si sente il bisogno di uomini e donne che si compromettono, che si
mescolano, che si scomodano con questa parte della storia: la forza del Vangelo
passa tra le mie, le nostre mani, abbiamo due possibilità , o le stringiamo e la
soffochiamo, oppure le allarghiamo per liberarla e lasciarla andare oltre ogni
nostra immaginazione e possibilità.
mercoledì 13 marzo 2013
Abitare...il tempo, lo spazio, il silenzio
Nel nostro tempo caratterizzato da profondi
cambiamenti, dal sorgere di nuove
questioni o sfide, da una radicale crisi della partecipazione, abbiamo pensato
di creare uno spazio, semplice ed immediato per confrontarci, per poter mettere
ognuno di noi di fronte a delle domande che suscitano poi atteggiamenti e
scelte di senso nella nostra vita, vorremmo comunque passare attraverso la
spiritualità di Charles de Foucauld per tornare all’essenziale della proposta
evangelica e saper attraversare questo tempo accogliendo i segni di novità. Per
questo motivo sentendomi con le piccole sorelle Jesus Caritas che sono a Fermo,
abbiamo organizzato un incontro per domenica 24 marzo alle 15.30 presso la
parrocchia di San Tommaso che si trova a Lido Tre Archi, è un primissimo
momento a cui seguiranno altri tre incontri di approfondimento. A partire dall’esperienza
di Charles de Foucauld e dalla spiritualità che ne è nata, proveremo a
confrontarci e approfondire il senso “dell’abitare”: cosa in concreto vuol dire e quali scelte di vita possono dare senso all’abitare
il tempo, lo spazio e il silenzio. La spiritualità di nazareth è prima di tutto
caratterizzata dalla scelta di “stare con”, del mescolarsi con le differenti
realtà che si intrecciano nel quotidiano, è un esperienza concreta d’incontro e
allo stesso momento è uno sguardo sulla realtà che inevitabilmente suscita
scelte e stili di vita; come direbbe Charles de Foucauld si tratta di “gridare
il Vangelo con la vita”, nel nostro contesto attuale. Ci siamo chiesti se la
spiritualità di nazareth e quello che negli anni hanno vissuto le diverse fraternità
che ad essa si ispirano, sono ancora oggi strumenti e percorsi significavi per
vivere, come si scriveva all’inizio, la complessità del nostro tempo, se può
dare al singolo e allo stesso momento anche alla comunità, lo sguardo profetico
e la motivazione forte per accogliere i nuovi cambiamenti, o ancor meglio
suscitare cambiamenti. Se sei interessato anche tu, se desideri vivere uno
spazio fraterno di confronto, ti invitiamo quindi domenica 24 marzo alle 15.30
nella parrocchia di Lido Tre Archi, nel volantino che abbiamo preparato trovi
anche i riferimenti per contattarci e chiedere maggiori informazioni,
naturalmente puoi passare voce e coinvolgere le persone che pensi possano avere
la stessa esigenza e desiderio.
giovedì 7 marzo 2013
Bersani, Grillo, Berlusconi...in Urdu
Dopo una giornata di lavoro, la cosa che ti auguri è
rientrare in casa il prima possibile, metterti in pantofole e prepararti
qualcosa di caldo per cena…tranne che sul più bello la bombola del gas termina,
vedere così la fiammella che lentamente perde di potenza sotto la pentola
dell’acqua, che stava per raggiungere il grado d’ebollizione, è la cosa più
sconfortante che ti possa capitare…dopo una lunga giornata di lavoro. Scatta il
piano B: raggiungere sotto casa il Kebab del mio amico pachistano, buona occasione
per scambiare due chiacchiere visto che è da tempo che non l’incontro, in un
attimo lascio le pantofole e torno ad essere attivo. Mi sono accorto che il
Kebab, come del resto altri negozi qui nel quartiere, sono luoghi prima di
tutto d’incontri, di scambio e relazioni, non sono molto abituato a questo
genere di frequentazioni, ma penso che devo avere più attenzione, perché
possono darmi la possibilità di conoscere, ne faccio subito esperienza. E’
sempre bello essere accolto da Rascid, si interessa del mio lavoro e
soprattutto di come vanno le cose qui nel quartiere, mi chiede ancora
dell’affitto, se è troppo alto e quasi mi chiede scusa per non essere stato un
buon intermediario, che equivale a dire: “farti avere un prezzo conveniente”.
Ogni volta che sono nel suo negozio, incontro delle persone, naturalmente uomini,
le lingue sono differenti e l’italiano
non è mai la lingua ufficiale, al massimo il napoletano, ogni volta che lo
ascolto mi sembra di essere ritornato a Pozzuoli, all’inizio del mio percorso
con i Piccoli Fratelli del Vangelo. Resto in silenzio e provo ad ascoltare i
suoni, mi chiedo quale sia l’argomento, d’improvviso tre parole le comprendo
molto bene: Bersani, Grillo, Berlusconi. Non ci posso credere la politica
italiana discussa in pachistano; mi scatta l’orgoglio nazionale e così mi
introduco: -come vedete voi la situazione?. Voi, noi, perché distinguere, anche
per un immigrato quello che succede in questo momento è importante e
soprattutto è importante comprendere gli sviluppi politici e sociali.
emigrati italiani |
Il
discorso si allarga ed emerge la preoccupazione che molti di loro hanno
rispetto al lavoro, chi può, che in concreto significa avere soldi per il
biglietto, rimanda la famiglia nel proprio paese oppure in altre nazioni più al
sicuro economicamente come la Germania o l’Inghilterra, dove magari ci sono
altri parenti. La rete dei famigliari ed amici stretti è la migliore strategia
per una famiglia che decide di
affrontare l’emigrazione, non è solo ritrovarsi tra simili, è anche una
questione di sopravvivenza e di opportunità. Al momento molte sono le famiglie
che partono e qui rimangono solo i mariti, sembra essere tornati indietro
quando all’inizio del flusso migratorio, arrivavano solo gli uomini, disposti a
lavorare tantissime ore, stipati in alloggi minimi per ammortizzare i costi; la
situazione in realtà non è mai cambiata, ma in questo quartiere la presenza
delle famiglie e quindi di mogli e figli, aveva dato loro la possibilità di
abbracciare di nuovo una vita “normale”, anche se c’è da dire che spesso le
donne hanno sofferto tutto questo, e lo hanno fatto in estremo silenzio. Ora si
torna indietro o si va altrove, tutti costretti ad un nuovo adattamento. Questo
tempo così difficile ci accomuna tutti, italiani e stranieri, come del resto siamo
accomunati dalla stessa domanda: - come evolverà ora la situazione? Da questi
vicini prendo la forza che hanno nel
rimettersi in viaggio, il coraggio di trovare sempre nuove soluzioni e
quella capacità di fare rete tra loro. La mia scelta di celibato e la
spiritualità di Charles de F. mi hanno spinto fin qui, non ad annunciare, ma
per essere testimone oculare che Dio abita nel quotidiano dell’uomo, nei
percorsi di riscatto, nei processi di cambiamento, nella rete di solidarietà,
nel farsi prossimi reciprocamente; le parole del Vangelo risuonano diversamente
qui, sono dirompenti quando affermano che il nostro Dio è un Dio incarnato e
impastato in questa umanità, sono dirompenti perché mi chiedono di prendere
posizione.
Il giorno seguente vedo sotto casa l’amico di Rascid, mi saluta
esclamando: “Oh maestro!”, non avevo detto nulla di me, ma Rashid sicuramente
gli ha riferito del mio lavoro a scuola, nessuno di noi è anonimo, ma siamo
appartenenti a questo villaggio e quest’appartenenza è una bella responsabilità.
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