La primavere porta con se stanchezza e “dolce far niente”,
ma questo non è proprio possibile in quanto in questi mesi vanno chiusi tutti i
progetti nelle scuole e occorre essere ben presenti anche in comunità
d’accoglienza, ma non nego che la stanchezza si sente, mi accorgo anche dalle
reazioni del mio corpo e del mio cervello che i primi tre impegni li trattiene
in memoria, mentre gli altri 99 li cancella definitivamente, così al primo
appuntamento mancato e rimosso completamente ho deciso mio malgrado, di recarmi
in farmacia e avanzare questa richiesta: “mi dia una bomba”. Chiaramente il
farmacista ha chiesto informazioni più precise a riguardo e mi ha messo di
fronte a due scelte: ricostituente o ricostituente con energia. Il secondo mi
sembrava più in linea con la mia richiesta, così per due settimane sono tornato
alle classiche fialette che da bambino avevo tanto odiato e che a 44 anni mi
tornano necessarie, chiaramente il contenuto è più adatto alla mia età.
Con la primavera si anima anche il mio quartiere, al primo
sole che riscalda le umide giornate di pioggia ecco che i bambini escono sul
prato del giardino comunale e giocano liberamente mentre le loro mamme, con i
vestiti tradizionali molto colorati, sembrano che facciano veramente festa a
questa primavera, la gente esce di più, si sente un rumore diverso del
quartiere, certo le lingue sono molte e si mescolano, a volte faccio fatica a
capire che sono in Italia. Quando mi affaccio sul mio balcone ed osservo, o
quando scambio due parole con le ragazza che mi abitano accanto, oppure quando
camminando per le strade del quartiere scambio
saluti con persone che conosco, mi rendo conto di quanto sia importante per me
essere qui, il luogo che si sceglie di abitare e quindi le relazioni che si
possono vivere, determinano il proprio vissuto e la propria vita, questa
contaminazione è inevitabile.
Per quanto mi riguarda questo è un punto
essenziale nella mia scelta di vita, quando non più con la fraternità dei
piccoli fratelli del Vangelo ma da solo, ho iniziato a vivere la spiritualità
di nazareth inserendomi a Porto Sant’Elpidio, ho voluto mettere ben chiaro al
centro del mio progetto il mescolarmi tra la gente. Gli anni sono stati lunghi
e tutti necessari perché mi lasciassi plasmare prima di tutto dalle persone incontrate
e dalle situazioni che ho conosciuto, così anche oggi mi accorgo che prima di
essere seme è necessario scegliere la “massa” con cui mescolarsi. E’ ancora un
cambio di prospettiva, una visione nuova rispetto alla mia scelta di piccolo
fratello, non più al centro “l’essere lievito nella pasta” o “il seme nel
solco”, ma prima ancora di questo “la scelta della massa”. Guardarmi dalla
prospettiva del seme o del lievito vuol dire ancora partire da me e da quello
che ritengo importante nella mia scelta di vita, mentre scegliere la massa
significa oggi dare importanza prima di tutto alle realtà sociali complesse e
riconoscerle come il luogo privilegiato in cui Dio già abita e si manifesta.
Essere qui a Lido 3 Archi è una mia scelta personale, del tutto anonima e
completamente invisibile, nessuno mi ha chiesto di venire qui, nessuno mi
aspettava, ho scelto io di venire qui, mi sono cercato l’abitazione, ho scelto di avere uno stile di vita semplice
e sobrio, cerco di creare contatti con tutti indistintamente, ma non posso
andare oltre. Posso scegliere la massa in cui vivere e mescolarmi, ma non posso
né scegliere, né determinare quello che saranno i frutti della mia presenza qui
come piccolo fratello: questa mi sembra una vera ricchezza, una grande
possibilità. L’abbandono di cui parla spesso Charles de Foucauld, è prima di tutto
fondato e reso concreto dalla fiducia che lui ha sperimentato non solo nelle
parole del Vangelo, ma nelle persone con cui scelse di vivere, Dio ha avuto una
smisurata fiducia non nelle sue parole, ma nell’uomo.
“Cos’ è il Regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul
terreno, dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce, come
egli stesso non lo sa” Mc, 4,26-27