sabato 27 gennaio 2018

Chi mi ha sussurrato il nome

C’è un intimità profonda nel caldo del silenzio, un abbraccio leggero nella solitudine abitata da Dio, uno sguardo che si perde per ritrovarsi nei mille rivoli di esperienze passate che segnano l’ attraversamento dell’oggi. Si aprono orizzonti inaspettati quando l’abbandono è il desiderio profondo di non voler trattenere nulla di questa vita come se fosse una proprietà provata,  ci si disorienta nel pensare che la libertà è nel perdersi  nell'immensa fiducia della Sua presenza. Sei il Dio del soffio leggero e deciso, che spingi nel mare aperto delle domande, della ricerca profonda, della meraviglia e della curiosità; sei un soffio leggero che non squarcia le vele, le accarezza con la forza di chi sostiene e non determina la direzione, ma l’asseconda.
Ti ho sentito e ancora ti sento, una carezza leggera, uno sguardo che non trattiene; non mi hai messo in pace, mai, mi hai piuttosto scomodato per la pace, non mi hai aggiustato la vita, l’hai sempre scompigliata, scompaginata, mi hai fatto abitare le domande e in esse ti sei affaticato con me. Ti ho visto anche come stoppino fumigante, spento di colpo, ti ho sbattuto la porta in faccia e ti ho dato il ben servito nel tempo del mio ateismo, ti ho sentito un vuoto, una fantasia infantile, una sgradevole consapevolezza del nulla.  Eri nostalgia che non mi attraeva più. A gran fatica ho scelto di non muovermi, di restare lì dove mi trovavo. Allentata la presa e smesso di manipolare come un artigiano l’immagine di Dio, mi sono ritrovato solo in attesa. Di attesa in attesa ti ho ritrovato. “Io non sono quello che credi”, mi hai sussurrato e il deserto da arido l’ho sentito un passaggio, un esodo, un lasciare per poter entrare di nuovo in relazione.


Dovevo ereditare il nome “Amadio” che poi fu addolcito con un più accettabile Amedeo, chissà se chi per la prima volta mi ha sussurrato quel nome immaginava di indicare un passo. Sia benedetta.