sabato 26 marzo 2016

Il giorno che irrompe

Mi piace entrare in chiesa in questa giornata;  la trovi vuota, spogliata completamente di tutto, deserta, sembra che sia stata smantellata, che siano fuggiti tutti; non puoi appoggiare né lo sguardo, né il cuore, su nulla: un segno, un immagine, nulla di nulla…il Dio che forse cerchi, ha lasciato un vuoto. Non ci sono riti, nemmeno preghiere, non c’è musica, ne preparativi: non c’è nulla. Mai come in questo momento ho sentito forte questo vuoto. Da esso si può fuggire, in esso ci si può perdere e disorientare, o con esso si può apprendere l’attesa, dipende solo dalla scelta che si compie: tagliare a corto ed evitarlo, oppure fermarsi e abitarlo. Nel vuoto del sabato santo non c’è nessuna certezza che qualcosa avverrà, c’è la concretezza della realtà che si dona senza mezzi termini, grazie a quel vuoto; nel silenzio del sabato di  Pasqua, ogni parola urlata, manipolata, scagliata, abusata, si frantuma perché è svelata nella sua inconsistenza e nella sua incapacità di cogliere il reale, queste parole perdono  senso nell’incontro del grande silenzio di Dio.  Nel vuoto che questa giornata mette in evidenza, non c’è un sepolcro che viene rappresentato, ma un sepolcro che viene svelato. Dio si è svuotato, questo ci potrà salvare, nel senso che questo gesto di Dio potrà rivelare dove siamo e cosa stiamo scegliendo oggi nella storia che stiamo vivendo e costruendo. In un tempo come il nostro e mi riferisco in particolare al nostro contesto culturale e sociale occidentale, in cui tutto va riempito oltre misura, non sono  mai contemplati momenti di vuoto, né di silenzio, si è presenti  per contro, nello stesso istante, in situazioni e spazi diversi grazie a un solo click, per il nostro contesto culturale, questo giorno di vuoto è temuto o se non altro,  ignorato, è vuoto perché non da nulla, perché richiede il tempo dell’incontro, la pausa dell’accoglienza, il gusto del fermarsi e la pazienza del cogliere in profondità, esperienze e modalità esistenziali che stiamo perdendo. Ma è esattamente questo di cui sento oggi, sempre più forte, la nostalgia. Allora il vuoto di Dio è una grande opportunità, è il suo disarmarsi che diventa il primo passo per lasciarsi incontrare, perché solo nell’incontro posso ritrovarmi parte integrante della Fonte e se Lui fa questo primo passo, trovo il coraggio e la follia di farlo anch’io, verso di Lui e verso gli altri.

Si tratta di accorgersi di Dio e non c’è altro luogo per farlo se non le correnti di amore vero che possiamo trovare in e introno a noi. Come i pesci non dubitano del mare. Così è possibile trovarsi nel suo abbraccio cominciando a condividere questo amore con naturalezza, senza insigne o pretese religiose. L’importante, il primo vero passo, è sentire l’appello rivolto a noi[1], e il silenzio del sabato di Pasqua, nella sua dirompente provocazione, nel suo vuoto disorientante, nel rompere le certezze e cogliere la realtà, mi prepara ad accogliere parole non facili, che possono cambiare completamente la mia esistenza e la mia relazione con gli altri: Gesù è risorto.

Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.” Mc 16, 8.







[1] Roberto Mancini; “Orientarsi nella vita”; tracce giovani ed. Qiqajon