Mi piace entrare in chiesa in questa giornata; la trovi vuota, spogliata completamente di
tutto, deserta, sembra che sia stata smantellata, che siano fuggiti tutti; non
puoi appoggiare né lo sguardo, né il cuore, su nulla: un segno, un immagine,
nulla di nulla…il Dio che forse cerchi, ha lasciato un vuoto. Non ci sono riti,
nemmeno preghiere, non c’è musica, ne preparativi: non c’è nulla. Mai come in
questo momento ho sentito forte questo vuoto. Da esso si può fuggire, in esso ci
si può perdere e disorientare, o con esso si può apprendere l’attesa, dipende
solo dalla scelta che si compie: tagliare a corto ed evitarlo, oppure fermarsi
e abitarlo. Nel vuoto del sabato santo non c’è nessuna certezza che qualcosa
avverrà, c’è la concretezza della realtà che si dona senza mezzi termini,
grazie a quel vuoto; nel silenzio del sabato di
Pasqua, ogni parola urlata, manipolata, scagliata, abusata, si frantuma
perché è svelata nella sua inconsistenza e nella sua incapacità di cogliere il
reale, queste parole perdono senso
nell’incontro del grande silenzio di Dio. Nel vuoto che questa giornata mette in
evidenza, non c’è un sepolcro che viene rappresentato, ma un sepolcro che viene
svelato. Dio si è svuotato, questo ci potrà salvare, nel senso che questo gesto
di Dio potrà rivelare dove siamo e cosa stiamo scegliendo oggi nella storia che
stiamo vivendo e costruendo. In un tempo come il nostro e mi riferisco in
particolare al nostro contesto culturale e sociale occidentale, in cui tutto va
riempito oltre misura, non sono mai
contemplati momenti di vuoto, né di silenzio, si è presenti per contro, nello stesso istante, in
situazioni e spazi diversi grazie a un solo click, per il nostro contesto
culturale, questo giorno di vuoto è temuto o se non altro, ignorato, è vuoto perché non da nulla, perché
richiede il tempo dell’incontro, la pausa dell’accoglienza, il gusto del
fermarsi e la pazienza del cogliere in profondità, esperienze e modalità
esistenziali che stiamo perdendo. Ma è esattamente questo di cui sento oggi,
sempre più forte, la nostalgia. Allora il vuoto di Dio è una grande
opportunità, è il suo disarmarsi che diventa il primo passo per lasciarsi
incontrare, perché solo nell’incontro posso ritrovarmi parte integrante della
Fonte e se Lui fa questo primo passo, trovo il coraggio e la follia di farlo
anch’io, verso di Lui e verso gli altri.
“Si tratta di accorgersi di Dio e non c’è altro luogo per
farlo se non le correnti di amore vero che possiamo trovare in e introno a noi.
Come i pesci non dubitano del mare. Così è possibile trovarsi nel suo abbraccio
cominciando a condividere questo amore con naturalezza, senza insigne o pretese
religiose. L’importante, il primo vero passo, è sentire l’appello rivolto a noi”[1],
e il silenzio del sabato di Pasqua, nella sua dirompente provocazione, nel suo
vuoto disorientante, nel rompere le certezze e cogliere la realtà, mi prepara
ad accogliere parole non facili, che possono cambiare completamente la mia
esistenza e la mia relazione con gli altri: Gesù è risorto.
“Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano
piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano
impaurite.” Mc 16, 8.