Non
è stato così tanto difficile entrare nel cuore delle situazioni umane che nel
tempo ho incrociato, nemmeno troppo faticoso provare a relazionarmi con esse,
quello che nel tempo si è rivelato un vero
punto di snodo, una difficoltà, un ostacolo faticoso da superare, è
stato accogliere l’inutilità della mia presenza, della mia azione, la certezza
che spesso l’unico passo da compiere fosse quello indietro, per far spazio a
chi mi stava davanti. Ciò che appare come sconfitta, incapacità, non azione è
spesso la porta d’ingresso per andare nel cuore stesso dell’esistenza umana; non
si tratta più di entrare di prepotenza nelle storie e nelle situazioni, nemmeno
di farsi paladino di una giustizia o di un orizzonte di senso che spesso è più
appannaggio del proprio io, che il risultato di un ascolto comune del reale,
non si tratta nemmeno di una sorta di rinuncia, di un “fate voi”, è altro,
decisamente altro.
Il
tempo che stiamo vivendo non mi piace, l’ubriacatura da individualismo assoluto
che ormai inzuppa ogni scelta personale e comunitaria, non mi fa scorgere nulla
d’interessante, incomincio ad essere veramente stanco delle prepotenze, degli
atteggiamenti arroganti, del livello sempre più aggressivo che spesso si
respira anche nelle situazioni più banali, rafforzando l’idea che per essere
visibili, presenti e riconosciuti fosse necessario aggredire e vincere sul
pensiero dell’altro, sempre e comunque. La manipolazione costante della realtà,
per cui tutti sanno, smascherano e rivelano ciò che è nascosto, ci sta rendendo
simili a quei bambini arroganti e decisi a vincere a tutti i costi, che hanno
come unico obiettivo il “far tana”, dimenticando che il gioco prevedeva al
contrario, qualcuno più coraggioso che riusciva nell'impresa più importante:
far “tana libera tutti”; quest’ultimo obiettivo lo abbiamo completamente
dimenticato.
Dio
invece si è ubriaco del “tu” e in questa vertigine, che solo un innamorato può
comprendere, si lascia accompagnare fino in fondo nelle contraddizioni degli
uomini; non manipola, ma si pone in
relazione, non determina per arrivare per primo a segnare il territorio, ma
accoglie il rischio dell’ateismo ( cioè che non venga riconosciuto) per fare
spazio alla lentezza, alla creatività e alle infinite sfumature del conoscersi.
Mi
affascina questa follia di Dio, mi fa provare fatica perché spesso, molto
spesso non riesco a credere, ossia a dare fiducia che veramente esista questo
Dio e che questa è la sua logica nell'essere presente; continuamente mi mette
in crisi, ossia mi fa scorgere che sono necessari cambiamenti, mi scomoda
perché quando sperimento la relazione con Lui, in questa sua dimensione di
ubriaco dell’uomo, non posso che scegliere di scardinare le dinamiche attuali
di questo mondo, ma a partire dalla logica del “passo indietro”, che scopro è
il passo necessario per riposizionarmi a fianco degli altri uomini.
Un
Dio così ubriaco del desiderio dell’uomo, mi sembra si possa scorgere in tutta
la sua provocazione, nel Gesù dei Vangeli, che fino in fondo entra nella
violenza che gli uomini sono capaci di mettere in atto, arriva fino “agli
inferi” che il cuore umano è capace di concretizzare…ed è quella scelta di
discendere, del fare il passo indietro, di viverlo e basta, che è capace di
scardinare, rompere, spezzare, frantumare la logica di morte. Questo Gesù
allora, non può che generare vita e vita in abbondanza, oltre ogni limite del
tempo.
Buona
Pasqua di Resurrezione, ubriacati anche noi di passione per l’umanità.