sabato 15 aprile 2017

L'ubriacatura di Dio

Non è stato così tanto difficile entrare nel cuore delle situazioni umane che nel tempo ho incrociato, nemmeno troppo faticoso provare a relazionarmi con esse, quello che nel tempo si è rivelato un vero  punto di snodo, una difficoltà, un ostacolo faticoso da superare, è stato accogliere l’inutilità della mia presenza, della mia azione, la certezza che spesso l’unico passo da compiere fosse quello indietro, per far spazio a chi mi stava davanti. Ciò che appare come sconfitta, incapacità, non azione è spesso la porta d’ingresso per andare nel cuore stesso dell’esistenza umana; non si tratta più di entrare di prepotenza nelle storie e nelle situazioni, nemmeno di farsi paladino di una giustizia o di un orizzonte di senso che spesso è più appannaggio del proprio io, che il risultato di un ascolto comune del reale, non si tratta nemmeno di una sorta di rinuncia, di un “fate voi”, è altro, decisamente altro.

Il tempo che stiamo vivendo non mi piace, l’ubriacatura da individualismo assoluto che ormai inzuppa ogni scelta personale e comunitaria, non mi fa scorgere nulla d’interessante, incomincio ad essere veramente stanco delle prepotenze, degli atteggiamenti arroganti, del livello sempre più aggressivo che spesso si respira anche nelle situazioni più banali, rafforzando l’idea che per essere visibili, presenti e riconosciuti fosse necessario aggredire e vincere sul pensiero dell’altro, sempre e comunque. La manipolazione costante della realtà, per cui tutti sanno, smascherano e rivelano ciò che è nascosto, ci sta rendendo simili a quei bambini arroganti e decisi a vincere a tutti i costi, che hanno come unico obiettivo il “far tana”, dimenticando che il gioco prevedeva al contrario, qualcuno più coraggioso che riusciva nell'impresa più importante: far “tana libera tutti”; quest’ultimo obiettivo lo abbiamo completamente dimenticato.

Dio invece si è ubriaco del “tu” e in questa vertigine, che solo un innamorato può comprendere, si lascia accompagnare fino in fondo nelle contraddizioni degli uomini;  non manipola, ma si pone in relazione, non determina per arrivare per primo a segnare il territorio, ma accoglie il rischio dell’ateismo ( cioè che non venga riconosciuto) per fare spazio alla lentezza, alla creatività e alle infinite sfumature del conoscersi.

Mi affascina questa follia di Dio, mi fa provare fatica perché spesso, molto spesso non riesco a credere, ossia a dare fiducia che veramente esista questo Dio e che questa è la sua logica nell'essere presente; continuamente mi mette in crisi, ossia mi fa scorgere che sono necessari cambiamenti, mi scomoda perché quando sperimento la relazione con Lui, in questa sua dimensione di ubriaco dell’uomo, non posso che scegliere di scardinare le dinamiche attuali di questo mondo, ma a partire dalla logica del “passo indietro”, che scopro è il passo necessario per riposizionarmi a fianco degli altri uomini.


Un Dio così ubriaco del desiderio dell’uomo, mi sembra si possa scorgere in tutta la sua provocazione, nel Gesù dei Vangeli, che fino in fondo entra nella violenza che gli uomini sono capaci di mettere in atto, arriva fino “agli inferi” che il cuore umano è capace di concretizzare…ed è quella scelta di discendere, del fare il passo indietro, di viverlo e basta, che è capace di scardinare, rompere, spezzare, frantumare la logica di morte. Questo Gesù allora, non può che generare vita e vita in abbondanza, oltre ogni limite del tempo.

Buona Pasqua di Resurrezione, ubriacati anche noi di passione per l’umanità.