“Il nostro paesaggio interno è nutrito, irrorato da ciò che
è fuori dai confini dell’io, i nostri simili, i luoghi, le esperienze che
abbiamo depositato in noi. Tutto ciò è divenuto l’humus del nostro essere”1.
Lascio che risuonino, facciano eco ed entrino nel profondo della mia intimità
queste parole che ho trovato nel libro di Francesco Stoppa; come dire, mi
suonano bene, arrivano dritte a quello che sento essenziale nella mia vita,
parole chiare che esprimono quello che a fatica oggi riesco a formulare chiaramente
per trovarne risonanze anche in altri. Si, c’è una fatica che accompagna le mie
giornate, c’è spesso un sentirmi fuori posto, un non accontentarmi che non
sempre esprimo, perché scelgo di dare tempo al silenzio e all'attesa del
processo di decantazione dei pensieri, delle scoperte e del sentire, soprattutto non mi piace l’atteggiamento ormai dominante di urlare, dire prima
di riflettere, ed essere referente del mondo; la realtà si ascolta, si osserva, si
accoglie e solo dopo si può pronunciare qualche parola su di essa, a patto che
non sia l’ultima e la definitiva. Non si tratta di un atteggiamento triste e
sconfortato, tutt'altro, sento una sorta di ribellione per l’orizzonte ristretto e ripiegato su se
stesso dell’individualismo ben radicato nella nostra cultura occidentale, a
tutto questo reagisco scegliendo di non
dare spazio e tempo a parole, opinioni e grida scombinate, che vengono messe in
circolo nel vortice dell’informazione di ogni genere, scelgo ciò che vale la
pena leggere, ascolto chi sa cogliere e valorizzare il silenzio che deve starci
tra una parola e l’altra, perché quel silenzio permette di distinguerle,
valorizzarle e armonizzarle: chi coglie e valorizza quel silenzio minimo, conosce
le parole che pronuncia, le possiede, le ha maturate, le ha ricevute e sa
riconsegnarle.
E’ un tempo questo, che mi affatica per il forte ripiegamento su
se stessi, sostenuto da quella convinzione carica di onnipotenza, che da valore
massimo al “farsi da sé”, no personalmente non mi basta questa logica, al
contrario mi sviluppa un forte senso di isolamento. Man mano che vado avanti
nella mia vita, che gli anni passano, scopro il profondo desiderio degli altri,
l’esigenza di “appartenere”, nel senso di “essere parte di” e quando ci si
scopre una parte, si ha la consapevolezza che non si è il tutto. La mia vita
quotidiana è fortemente caratterizzata da questo “essere solo”, ma mai “essere
da solo”. L’aver scelto consapevolmente, anche con un po’ d’incoscienza e rischio,
l’essere solo (la scelta del celibato), mi ha in questi anni introdotto in una
dimensione di profondo ascolto di ciò che realmente mi abita, ha in alcuni
momenti aumentato una sorta di sensibilità che mi porta a far risuonare nell'intimità ogni esperienza, volto, incontro, situazione.
Nell'essere solo ci si avventura in uno spazio essenziale, un po’ nudo e
spoglio, all'inizio assomiglia ad una
stanza austera e eccessivamente essenziale; poi lentamente, quando la “volontà”,
la rigidità, l’ambizione, cede il passo all'abbandono fiducioso ci si ritrova
in un silenzio profondo che è più vicino ad un grembo, che senza far rumore,
passo dopo passo, o meglio silenzio dopo silenzio, fa spazio ad una vita. Una
vita che ti consegna un piccolo ritornello, una chiave per comprenderla e svilupparla
nella pienezza: mai da solo. No non mi piace questo tempo di narcisismo
esasperato, di emotività che si attiva solo quando si è colpiti direttamente,
per tornare con rapidità in una sorta di stato di desensibilizzazione; non mi
piace nemmeno questo sentirci tutti connessi, immersi nelle relazioni non stop,
impegnati in un protagonismo continuo, pena l’isolamento; in questa logica non
c’è spazio per nulla e nessuno, è troppo pieno di “io”, ed il “tu” sta scomodo perché
non fa rima con “io”. Può Dio trovare posto in quest’orizzonte ormai ben
radicato? No, Dio e l’esperienza di Dio è “fuori luogo”;
“Adam (che in ebraico
indica anche l’umano) dove sei?”…”Caino dov’è tuo fratello?”…”sono forse io il
custode di mio fratello”.
1. Francesco Stoppa; "Istituire la vita, come riconsegnare le istituzioni alla comunità"; ed. Vita e Pensiero.