
Nel quartiere, non ci sono segni particolari che dicono che
questa è una giornata di festa per quelli di religione Musulmana, del resto è un lunedì, un giorno lavorativo
per la maggior parte di quelli che vivono qui, le tradizioni sono le più
diverse e spesso tutto viene celebrato negli ambiti ristretti delle
appartenenze etniche e questo si mi sembra ben definito e separato. C’è una
profonda esigenza, una priorità per il nostro tempo, afferma Franco Cambi, ed è
quella di creare “lo spazio dell’incontro”, “
è per noi oggi un compito e un compito urgente e prioritario” ( F. Cambi; “Incontro e dialogo; prospettive della
pedagogia interculturale”; Ed Carocci); l’errore è quello di far convivere
in maniera parallela e indipendente le culture, mentre questo mescolarsi
continuo di storie, vissuti, sensibilità, spiritualità differenti ci obbligano
a modificare il nostro vissuto, il nostro sentire, i nostri riferimenti
culturali. Non è un passaggio semplice, riguarda tutti indistintamente, e non
consiste certamente in una perdita d’identità, in un appiattimento dei valori e
dei riferimenti culturali, né in una sciocca omologazione. E’ una sfida,
sicuramente, un disorientamento, un accogliere e integrare. Credo e ne sono
sempre più certo, che si tratta di un vero e proprio viaggio migratorio nella
nostra realtà personale, richiede “un
superamento dell’assolutezza/esclusività/difesa delle proprie culture
d’appartenenza, per entrare in contatto con le altre culture” (Ibidem F.
Cambi). L’umanità, che è una parola al singolare, va letta e percepita al
plurale.
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