mercoledì 23 dicembre 2015

Natale 2015

C’è una “fragilità” che non spaventa, un “consumarsi” che non è perdita; c’è un “prendersi il rischio” che non è spavalderia, un “compromettersi” che non è la scelta delle mezze misure; c’è ancora un “silenzio” che non è mutismo, e c’è un “essere presente” che non è mai ingombrante o invadente; c’è poi un “ascoltare” che non ha frenesia e non calcola il tempo che passa, c’è anche una “passione” che sa essere discreta e non rumorosa, ma semplicemente presente. C’è un “fidarsi” che non poggia su garanzie e richieste a priori, c’è un “per sempre” che si nutre della creatività nel rinnovare, che sa restare quando altri fuggono, che sa cogliere il cambiamento come evoluzione e non come rottura. C’è un “nulla” che non spaventa perché è un grembo fecondo, un vuoto che genera, uno spazio donato. C’è il coraggio “dell’abbandono”, che poggia sulla certezza che l’altro è un bene per me, il sommo bene.

C’è infine la “voce di un vento sottile” che arriva inaspettata, che non sconvolge i grandi sistemi, che non distrugge, che non spazza via, non cancella, la sua leggerezza le permette la rivoluzione più temuta: l’incontro dell’altro nel profondo dell’intimità, lì in quel luogo poco frequentato dove si impara a stare liberamente senza temere nulla, nemmeno la propria fragilità o povertà. Quando quel “vento sottile” si lascia soffiare fino al punto più nascosto di sé, ci si spaventa, si ha un brivido d’incertezza, un gesto d’irrigidimento, si percepisce un “troppo”, una porta spalancata di colpo, su un infinito da cui non sappiamo più difenderci; Allora, solo allora si coglie una libertà che tocca le nostre mani, scioglie i nostri nodi, allenta le nostre resistenze, placa le nostre paure, da energia alla nostra responsabilità.


C’è una “Parola” nel vento sottile: ho piantato la mia tenda tra di voi






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