“La vita esplode da un tempo di silenzio”; nel ritmo frenetico
e intenso di questi giorni, finalmente la mia giornata di deserto e di eremo
mensile, è sempre un approdo sicuro e un punto di partenza, un rimettermi in
movimento accogliendo l’evoluzione della mia storia, che in se porta qualcosa
di nomade e di “mai abbastanza”, ed è in una giornata come questa che mi
accorgo di quanta strada ho percorso e quanta ancora ne desidero percorrere, di
quanti volti e incontri è segnato il mio itinerario, che nella solitudine
abitata da Dio, diventano un segno profondo e concreto di appartenenze
reciproche. Sin dal primo momento in cui decisi di accogliere la provocazione e
lo stile della spiritualità di Nazareth, ho sempre sentito forte l’esigenza di
stare in mezzo alle differenti situazioni umane a partire da quelle più
faticose e difficili, lentamente mi sono accorto di quanta fatica nascondevo
nel mio segreto, di quante “ombre” rallentavano il mio passo, e man mano che mi
spingevo nei deserti umani, non facevo altro che incontrare il mio deserto, che
l’incontro con l’altro lentamente trasformava grazie ad una condivisione di
vita, alla pari.
L’inattività non è sempre negativa, soprattutto quando ci
permette di scovare e far venire alla luce il nostro senso di onnipotenza, il
nostro desiderio di essere salvatori “utili”; l’inattività può essere anche
quel fermarsi per lasciare spazio agli altri, al loro vissuto, alla loro storia
nascosta, alle loro potenzialità, quando si tratta di lasciare che la “nostra
salvezza” passa necessariamente nello sguardo, nelle mani, nelle parole e nei
gesti di chi, camminando affianco a noi, vive o meglio subisce, un quotidiano
faticoso. Ho bisogno di un surplus di silenzio e soprattutto d’ascolto per
poter veramente sperimentare e dire , che sono realmente capace di stare al
fianco di qualcuno, che sono capace di abitare le storie personali con
smisurato rispetto, che so essere “ospite” ed ospitato nelle parole non dette,
nei vissuti non narrati, per pudore, par fatica e anche per paura. Trovo che il
nostro è un tempo capace di far aumentare la frenesia, che “alza il volume” man
mano che si accorge del proprio disorientamento, questo tempo e questa società
sa nascondere e soffocare il dolore dei singoli, per paura di doverlo
accogliere o semplicemente riconoscere. Eppure si più imboccare una strada
differente, si può avere il coraggio di “abbassare il volume”, si più osare il
disorientamento del silenzio e del “tacere” e perdersi un po’ nella fatica dell’altro
che poi è anche la nostra…e riconoscersi.
Man mano che abito il mio quartiere,
mi trovo ogni tanto preso inaspettatamente per mano da qualcuno, il quale mi
permette di scorgere da angolazioni diverse, ciò che non è visibile sempre a
prima vista o a occhio nudo, lentamente, pazientemente, senza pretendere
troppo, mi sembra di immergermi in questa piccola parte di umanità oltre i
pregiudizi e le visioni stereotipate. Il mio deserto oggi l’ho vissuto sulla
spiagge del quartiere e rientrando mi sento chiamare dal balcone da un ragazzo
albanese qui con la sua giovane moglie, ci conosciamo: _”dai vieni mangiamo
qualcosa”, “ ho capito che sei un tipo che non ti fai problemi, così quello che c’è
mangi”; il tempo che ci siamo regalati, i confini che abbiamo superato
reciprocamente mi hanno permesso di sentire quel leggero movimento che la vita
compie quando ti trasforma dentro, quando ti arrivano le parole che hanno peso
e senso, quelle parole che danno voce ai vissuti concreti e senti, percepisci
che dietro a quelle poche parole, c’è uno spessore di vita, di sofferenza, di
ricerca di un futuro migliore, di riscatto.
Si, la vita nasce da un tempo di silenzio, Gesù è risorto a
partire dal suo andare a fondo, dal suo perdersi nelle contraddizione degli
uomini del suo tempo, ha taciuto alla fine, si è lasciato deporre nel vuoto
assordante di una tomba, si è lasciato stravolgere e disorientare dal prezzo
che si deve pagare alla propria coerenza, e dall’aver abitato luoghi e
situazioni scomode, è il silenzio del sabato di Pasqua, vento leggero che
arriva in profondità e muove la vita inaspettatamente.
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