sabato 12 aprile 2014

Quello che non mi aspettavo

“La vita esplode da un tempo di silenzio”; nel ritmo frenetico e intenso di questi giorni, finalmente la mia giornata di deserto e di eremo mensile, è sempre un approdo sicuro e un punto di partenza, un rimettermi in movimento accogliendo l’evoluzione della mia storia, che in se porta qualcosa di nomade e di “mai abbastanza”, ed è in una giornata come questa che mi accorgo di quanta strada ho percorso e quanta ancora ne desidero percorrere, di quanti volti e incontri è segnato il mio itinerario, che nella solitudine abitata da Dio, diventano un segno profondo e concreto di appartenenze reciproche. Sin dal primo momento in cui decisi di accogliere la provocazione e lo stile della spiritualità di Nazareth, ho sempre sentito forte l’esigenza di stare in mezzo alle differenti situazioni umane a partire da quelle più faticose e difficili, lentamente mi sono accorto di quanta fatica nascondevo nel mio segreto, di quante “ombre” rallentavano il mio passo, e man mano che mi spingevo nei deserti umani, non facevo altro che incontrare il mio deserto, che l’incontro con l’altro lentamente trasformava grazie ad una condivisione di vita, alla pari.
L’inattività non è sempre negativa, soprattutto quando ci permette di scovare e far venire alla luce il nostro senso di onnipotenza, il nostro desiderio di essere salvatori “utili”; l’inattività può essere anche quel fermarsi per lasciare spazio agli altri, al loro vissuto, alla loro storia nascosta, alle loro potenzialità, quando si tratta di lasciare che la “nostra salvezza” passa necessariamente nello sguardo, nelle mani, nelle parole e nei gesti di chi, camminando affianco a noi, vive o meglio subisce, un quotidiano faticoso. Ho bisogno di un surplus di silenzio e soprattutto d’ascolto per poter veramente sperimentare e dire , che sono realmente capace di stare al fianco di qualcuno, che sono capace di abitare le storie personali con smisurato rispetto, che so essere “ospite” ed ospitato nelle parole non dette, nei vissuti non narrati, per pudore, par fatica e anche per paura. Trovo che il nostro è un tempo capace di far aumentare la frenesia, che “alza il volume” man mano che si accorge del proprio disorientamento, questo tempo e questa società sa nascondere e soffocare il dolore dei singoli, per paura di doverlo accogliere o semplicemente riconoscere. Eppure si più imboccare una strada differente, si può avere il coraggio di “abbassare il volume”, si più osare il disorientamento del silenzio e del “tacere” e perdersi un po’ nella fatica dell’altro che poi è anche la nostra…e riconoscersi. 

Man mano che abito il mio quartiere, mi trovo ogni tanto preso inaspettatamente per mano da qualcuno, il quale mi permette di scorgere da angolazioni diverse, ciò che non è visibile sempre a prima vista o a occhio nudo, lentamente, pazientemente, senza pretendere troppo, mi sembra di immergermi in questa piccola parte di umanità oltre i pregiudizi e le visioni stereotipate. Il mio deserto oggi l’ho vissuto sulla spiagge del quartiere e rientrando mi sento chiamare dal balcone da un ragazzo albanese qui con la sua giovane moglie, ci conosciamo: _”dai vieni mangiamo qualcosa”, “ ho capito che sei un tipo che non ti fai problemi, così quello che c’è mangi”; il tempo che ci siamo regalati, i confini che abbiamo superato reciprocamente mi hanno permesso di sentire quel leggero movimento che la vita compie quando ti trasforma dentro, quando ti arrivano le parole che hanno peso e senso, quelle parole che danno voce ai vissuti concreti e senti, percepisci che dietro a quelle poche parole, c’è uno spessore di vita, di sofferenza, di ricerca di un futuro migliore, di riscatto.

Si, la vita nasce da un tempo di silenzio, Gesù è risorto a partire dal suo andare a fondo, dal suo perdersi nelle contraddizione degli uomini del suo tempo, ha taciuto alla fine, si è lasciato deporre nel vuoto assordante di una tomba, si è lasciato stravolgere e disorientare dal prezzo che si deve pagare alla propria coerenza, e dall’aver abitato luoghi e situazioni scomode, è il silenzio del sabato di Pasqua, vento leggero che arriva in profondità e muove la vita inaspettatamente. 

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