martedì 2 luglio 2013

La curiosità ci farà incontrare

Giornate splendide, finalmente il sole ha ripreso il suo posto di lavoro e garantisce alla stagione calore e caldo secondo la norma; il quartiere si trasforma, almeno in apparenza, grazie all’arrivo dei vacanzieri,  gli accenti si mescolano, anche se combinazioni linguistiche e geografiche sono sempre meticciate, infatti non è difficile sentire l’inflessione calabrese sulla bocca della signore che però vive a Milano, sono le prove concrete della nostra immigrazione interna, nessuna cultura può veramente dirsi né pura né sedentaria.
In queste settimane mentre preparo esami e tesi per chiudere il tutto a novembre prossimo, cerco di dare spazio anche al silenzio, ad una sorta di eremitaggio nel cuore stesso del quartiere,  sento che è importante rileggere il mio progetto di vita e lasciarlo contaminare, provocare, arricchire e anche modificare dal nuovo ambiente sociale e culturale, ma prima di tutto sono le relazioni che possono veramente portare un cambiamento reale, sono esse che mettono in luce quanto sto vivendo e possono anche dare una nuova direzione. Più faccio silenzio, più mi sento spinto ad approfondire gli incontri, a superare i confini, a sperimentare il decentramento, ogni volta che oso quest’esperienza non mi sento disperso  al contrario, pongo un tassello importante alla consapevolezza della mia identità. Questa giornata è sicuramente uno di questi tasselli: rientrando nel pomeriggio dopo la mia corsa sulla pista ciclabile, mi si avvicina S. con altri bambini suoi amici, sono tutti a scuola con me nei laboratori, con lui poi ho lavorato tantissimo, mi chiede dove abito e vuole venire a trovarmi, così mi accompagna fin sotto casa, “domani verrò, ci sei?”, è deciso nella sua richiesta, dal canto mio ho cercato tutte le scuse per tutelarmi, ma poi alla fine mi son detto che si tutela colui che si sente in pericolo, così alla fine mi lascio andare, mi faccio pochi problemi,  son qui per incontrare e stare con loro, non per barricarmi, mollo le difese e indico il mio appartamento. In serata ecco che suona il campanello di casa, con la bocca impastata di dentifricio, provo a urlare dal bagno un “eccomi”, che praticamente è soffocato dall’acqua del rubinetto che scorre in bocca, in certe situazioni poi tutto diventa complicato, non trovo infatti nemmeno l’asciugamano, “chi sarà?” classico dilemma quando proprio non aspetti nessuno.  Non ricordavo di aver dato disponibilità al ragazzo pachistano del primo piano per fare insieme un po’ di lezioni d’italiano, e lui nonostante la stanchezza di una giornata di lavoro come muratore eccolo alla mia porta, apprendere la lingua per lui è troppo importante per non affrontare anche questo sacrificio. Sono contento di accoglierlo nel mio mini alloggio di 26 metri quadrati. Mi ritrovo mio malgrado a fare lezioni di italiano come L2, faccio soprattutto leva sul ricordo dei miei primi mesi in Francia quando appena entrato in Fraternità dopo il lavoro nei campi, mi ritrovavo a studiare il francese, una fatica immensa, con il cervello che mi urlava “basta”. 

E’ un incontro piacevole il nostro, sento che nasce da un riconoscimento reciproco, che nasce da un bisogno espresso  apertamente e dalla mia disponibilità poco calcolata, credo in effetti che “ci dobbiamo riconoscere e apprezzare” per poterci veramente incontrare. Il dialogo si è allargato a più argomenti, probabilmente contaminato dalla curiosità reciproca, questa invece più nascosta, meno esplicitata, ma poi come ogni cosa non detta, condiziona comunque la relazione; così inevitabilmente siamo approdati alle nostre rispettive religioni, quella musulmana e quella cristiana: entrambi abbiamo posto l’uno all’altro quanto per noi è importante, senza la prepotenza della propaganda o della difesa, “mi fa piacere che conosci qualcosa della mia religione- mi ha detto- anch’io conosco della Bibbia”, “ sono curioso di sapere come preghi”. Ci siamo ritrovati su un punto: il silenzio nella preghiera.
Mentre chiudo questa giornata rileggo quanto ho scritto sul mio progetto personale: “nella vita quotidiana sarò costantemente di fronte ad ogni uomo, la capacità di uno sguardo libero e liberante mi farà riconoscere in ognuno la presenza di Dio; questa è per me il frutto e il senso della mia scelta di vita contemplativa e di piena intimità con Dio, che nelle relazioni mi chiama ad essere un piccolo fratello.”

amedeo.angelozzi@tiscali.it
Quando l’altro nella sua diversità ti permette di comprendere te stesso, allora veramente ci si scopre appartenenti alla stessa razza umana, l’unica.





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