Giornate splendide, finalmente il sole ha ripreso il suo
posto di lavoro e garantisce alla stagione calore e caldo secondo la norma; il
quartiere si trasforma, almeno in apparenza, grazie all’arrivo dei vacanzieri, gli accenti si mescolano, anche se
combinazioni linguistiche e geografiche sono sempre meticciate, infatti non è difficile
sentire l’inflessione calabrese sulla bocca della signore che però vive a
Milano, sono le prove concrete della nostra immigrazione interna, nessuna
cultura può veramente dirsi né pura né sedentaria.
In queste settimane mentre preparo esami e tesi per chiudere
il tutto a novembre prossimo, cerco di dare spazio anche al silenzio, ad una
sorta di eremitaggio nel cuore stesso del quartiere, sento che è importante rileggere il mio
progetto di vita e lasciarlo contaminare, provocare, arricchire e anche
modificare dal nuovo ambiente sociale e culturale, ma prima di tutto sono le
relazioni che possono veramente portare un cambiamento reale, sono esse che
mettono in luce quanto sto vivendo e possono anche dare una nuova direzione.
Più faccio silenzio, più mi sento spinto ad approfondire gli incontri, a superare
i confini, a sperimentare il decentramento, ogni volta che oso quest’esperienza
non mi sento disperso al contrario,
pongo un tassello importante alla consapevolezza della mia identità. Questa
giornata è sicuramente uno di questi tasselli: rientrando nel pomeriggio dopo
la mia corsa sulla pista ciclabile, mi si avvicina S. con altri bambini suoi
amici, sono tutti a scuola con me nei laboratori, con lui poi ho lavorato
tantissimo, mi chiede dove abito e vuole venire a trovarmi, così mi accompagna
fin sotto casa, “domani verrò, ci sei?”, è deciso nella sua richiesta, dal
canto mio ho cercato tutte le scuse per tutelarmi, ma poi alla fine mi son
detto che si tutela colui che si sente in pericolo, così alla fine mi lascio
andare, mi faccio pochi problemi, son
qui per incontrare e stare con loro, non per barricarmi, mollo le difese e
indico il mio appartamento. In serata ecco che suona il campanello di casa, con
la bocca impastata di dentifricio, provo a urlare dal bagno un “eccomi”, che
praticamente è soffocato dall’acqua del rubinetto che scorre in bocca, in certe
situazioni poi tutto diventa complicato, non trovo infatti nemmeno l’asciugamano,
“chi sarà?” classico dilemma quando proprio non aspetti nessuno. Non ricordavo di aver dato disponibilità al
ragazzo pachistano del primo piano per fare insieme un po’ di lezioni d’italiano,
e lui nonostante la stanchezza di una giornata di lavoro come muratore eccolo
alla mia porta, apprendere la lingua per lui è troppo importante per non
affrontare anche questo sacrificio. Sono contento di accoglierlo nel mio mini
alloggio di 26 metri quadrati. Mi ritrovo mio malgrado a fare lezioni di
italiano come L2, faccio soprattutto leva sul ricordo dei miei primi mesi in
Francia quando appena entrato in Fraternità dopo il lavoro nei campi, mi
ritrovavo a studiare il francese, una fatica immensa, con il cervello che mi
urlava “basta”.
E’ un incontro piacevole il nostro, sento che nasce da un
riconoscimento reciproco, che nasce da un bisogno espresso apertamente e dalla mia disponibilità poco
calcolata, credo in effetti che “ci dobbiamo riconoscere e apprezzare” per
poterci veramente incontrare. Il dialogo si è allargato a più argomenti,
probabilmente contaminato dalla curiosità reciproca, questa invece più
nascosta, meno esplicitata, ma poi come ogni cosa non detta, condiziona
comunque la relazione; così inevitabilmente siamo approdati alle nostre
rispettive religioni, quella musulmana e quella cristiana: entrambi abbiamo
posto l’uno all’altro quanto per noi è importante, senza la prepotenza della
propaganda o della difesa, “mi fa piacere
che conosci qualcosa della mia religione- mi ha detto- anch’io conosco della Bibbia”, “ sono curioso di sapere come preghi”. Ci siamo ritrovati su un punto: il silenzio nella preghiera.
Mentre chiudo questa giornata rileggo quanto ho scritto sul
mio progetto personale: “nella vita
quotidiana sarò costantemente di fronte ad ogni uomo, la capacità di uno
sguardo libero e liberante mi farà riconoscere in ognuno la presenza di Dio;
questa è per me il frutto e il senso della mia scelta di vita contemplativa e
di piena intimità con Dio, che nelle relazioni mi chiama ad essere un piccolo
fratello.”
amedeo.angelozzi@tiscali.it |
Quando l’altro nella sua diversità ti permette di
comprendere te stesso, allora veramente ci si scopre appartenenti alla stessa
razza umana, l’unica.
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