venerdì 26 aprile 2013

Notte e giorno...tu non ti accorgerai


La primavere porta con se stanchezza e “dolce far niente”, ma questo non è proprio possibile in quanto in questi mesi vanno chiusi tutti i progetti nelle scuole e occorre essere ben presenti anche in comunità d’accoglienza, ma non nego che la stanchezza si sente, mi accorgo anche dalle reazioni del mio corpo e del mio cervello che i primi tre impegni li trattiene in memoria, mentre gli altri 99 li cancella definitivamente, così al primo appuntamento mancato e rimosso completamente ho deciso mio malgrado, di recarmi in farmacia e avanzare questa richiesta: “mi dia una bomba”. Chiaramente il farmacista ha chiesto informazioni più precise a riguardo e mi ha messo di fronte a due scelte: ricostituente o ricostituente con energia. Il secondo mi sembrava più in linea con la mia richiesta, così per due settimane sono tornato alle classiche fialette che da bambino avevo tanto odiato e che a 44 anni mi tornano necessarie, chiaramente il contenuto è più adatto alla mia età.
Con la primavera si anima anche il mio quartiere, al primo sole che riscalda le umide giornate di pioggia ecco che i bambini escono sul prato del giardino comunale e giocano liberamente mentre le loro mamme, con i vestiti tradizionali molto colorati, sembrano che facciano veramente festa a questa primavera, la gente esce di più, si sente un rumore diverso del quartiere, certo le lingue sono molte e si mescolano, a volte faccio fatica a capire che sono in Italia. Quando mi affaccio sul mio balcone ed osservo, o quando scambio due parole con le ragazza che mi abitano accanto, oppure quando camminando per le strade del quartiere  scambio saluti con persone che conosco, mi rendo conto di quanto sia importante per me essere qui, il luogo che si sceglie di abitare e quindi le relazioni che si possono vivere, determinano il proprio vissuto e la propria vita, questa contaminazione è inevitabile. 

Per quanto mi riguarda questo è un punto essenziale nella mia scelta di vita, quando non più con la fraternità dei piccoli fratelli del Vangelo ma da solo, ho iniziato a vivere la spiritualità di nazareth inserendomi a Porto Sant’Elpidio, ho voluto mettere ben chiaro al centro del mio progetto il mescolarmi tra la gente. Gli anni sono stati lunghi e tutti necessari perché mi lasciassi plasmare prima di tutto dalle persone incontrate e dalle situazioni che ho conosciuto, così anche oggi mi accorgo che prima di essere seme è necessario scegliere la “massa” con cui mescolarsi. E’ ancora un cambio di prospettiva, una visione nuova rispetto alla mia scelta di piccolo fratello, non più al centro “l’essere lievito nella pasta” o “il seme nel solco”, ma prima ancora di questo “la scelta della massa”. Guardarmi dalla prospettiva del seme o del lievito vuol dire ancora partire da me e da quello che ritengo importante nella mia scelta di vita, mentre scegliere la massa significa oggi dare importanza prima di tutto alle realtà sociali complesse e riconoscerle come il luogo privilegiato in cui Dio già abita e si manifesta. Essere qui a Lido 3 Archi è una mia scelta personale, del tutto anonima e completamente invisibile, nessuno mi ha chiesto di venire qui, nessuno mi aspettava, ho scelto io di venire qui, mi sono cercato l’abitazione,  ho scelto di avere uno stile di vita semplice e sobrio, cerco di creare contatti con tutti indistintamente, ma non posso andare oltre. Posso scegliere la massa in cui vivere e mescolarmi, ma non posso né scegliere, né determinare quello che saranno i frutti della mia presenza qui come piccolo fratello: questa mi sembra una vera ricchezza, una grande possibilità. L’abbandono di cui parla spesso Charles de Foucauld, è prima di tutto fondato e reso concreto dalla fiducia che lui ha sperimentato non solo nelle parole del Vangelo, ma nelle persone con cui scelse di vivere, Dio ha avuto una smisurata fiducia non nelle sue parole, ma nell’uomo.

“Cos’ è il Regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno, dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce, come egli stesso non lo sa” Mc, 4,26-27

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