domenica 7 aprile 2013

Che rumore fa?

Granello di senape

Che rumore fa il chicco di grano o qualsiasi altro seme che si spacca, si mescola con la terra e lentamente si sviluppa in piantina? Credo nulla, o meglio fa rumore ma è talmente impercettibile che ci accorgiamo di  tutto il suo processo, solo quando ormai è evidente il frutto, anzi ci accorgiamo del frutto solo perché risponde ad un nostro bisogno. Trovo sempre più difficile rendermi conto di come la vita e le situazioni ad essa collegate si sviluppano nel succedersi quotidiano dei giorni, sembra sempre più faticoso avere uno sguardo attento e lungimirante sulla realtà che ci circonda o che viviamo concretamente, tanto che prendiamo consapevolezza delle situazioni solo quando emergono prepotentemente e magari in maniera violenta; l’anonimato, lo spazio privato che viviamo ormai in maniera sempre più netta, ci ha tolto completamente quella capacità di passare parole, di accorgerci anche dei minimi cambiamenti degli altri, di gioire insieme o di “compartire” le fatiche, si perché le fatiche da soli diventano macigni, ma insieme sono possibili da sostenere. Questi pensieri che scrivo hanno come sottofondo emotivo i fatti dei giorni scorsi, ossia della scelta drammatica delle tre persone a Civitanova, ma non solo loro, tanti sono nelle condizioni disperate, di fatica, di isolamento, di difficoltà economica e relazionale, si perché non possiamo non tener conto che si stanno logorando i legami affettivi, i riferimenti famigliari e sociali; la crisi, la mancanza di lavoro, i tagli e il rigore, i mercati e lo spread insieme all’incapacità della classe politica, sta impoverendo non solo le nostre tasche ma il tessuto sociale,  una comunità che non è più capace di agire insieme per trasformare un tempo di crisi in possibilità per tutti, è divenuta semplicemente “un mucchio di individui” non certo una società.
Questo tempo e questo passaggio storico stravolge e scuote anche la mia fede; non riesco più a mettere insieme la ripetitività e la stanchezza che spesso si respira nelle nostre chiese e la forza stravolgente che ha manifestato Gesù di Nazareth, che a ben vedere si è Incarnato in un tempo durante il quale le problematiche e le situazioni sociali non sono poi così distanti dalle attuali: soprusi, violenze, disuguaglianze, discriminazioni, abuso di potere politico e religioso, producevano vittime tra gli strati più popolari della società tanto quanto oggi.
Gesù non è stato un cantastorie, o un incantatore di serpenti, le sue parole sono andate dritte nel cuore della società, hanno spezzato, rotto un sistema non a favore dell’uomo e allo stesso tempo non hanno distrutto, ma ridato vita, hanno  aperto un orizzonte di novità: ha sempre parlato di Regno di Dio, espressione che nei secoli abbiamo provveduto scaltramente a disinnescare, manipolandola, sfumandola, interpretandola eccessivamente, mentre Lui aveva detto con una semplice immagine, che il Regno era paragonabile ad un piccolo seme di senape capace, quando cresce, di accogliere tutte le specie di uccelli del cielo. 
Vedo in questo seme che cresce e che diventa un arbusto di senape, l’immagine di una lenta trasformazione della vita della comunità cristiana, che si lascia accogliere dal tessuto umano dove vive e dove è sempre più una minoranza, dove si affatica con gli altri lungo il cammino, dove vive il silenzio al posto della frenesia di dare consigli e snocciolare verità salde, dove non si spaventa di abitare il dubbio proprio e quello degli altri, dove sa affaticarsi con le donne e gli uomini di questo tempo e soprattutto dove è capace di far maturare, sviluppare la condivisione e il senso di responsabilità verso gli altri. Come il seme che si spacca, la comunità cristiana si mobilita.

Che rumore fa il seme che cade nel solco e lentamente cresce? Sinceramente non lo so, non ho mai avuto un orecchio così fine, ho però il desiderio che il frutto non risponda solo al mio bisogno personale, ma che sia un frutto condivisibile che nutra me e gli altri e non allo stesso modo, perché siamo differenti, e che non lasci mai indietro nessuno. 





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