giovedì 7 marzo 2013

Bersani, Grillo, Berlusconi...in Urdu


Dopo una giornata di lavoro, la cosa che ti auguri è rientrare in casa il prima possibile, metterti in pantofole e prepararti qualcosa di caldo per cena…tranne che sul più bello la bombola del gas termina, vedere così la fiammella che lentamente perde di potenza sotto la pentola dell’acqua, che stava per raggiungere il grado d’ebollizione, è la cosa più sconfortante che ti possa capitare…dopo una lunga giornata di lavoro. Scatta il piano B: raggiungere sotto casa il Kebab del mio amico pachistano, buona occasione per scambiare due chiacchiere visto che è da tempo che non l’incontro, in un attimo lascio le pantofole e torno ad essere attivo. Mi sono accorto che il Kebab, come del resto altri negozi qui nel quartiere, sono luoghi prima di tutto d’incontri, di scambio e relazioni, non sono molto abituato a questo genere di frequentazioni, ma penso che devo avere più attenzione, perché possono darmi la possibilità di conoscere, ne faccio subito esperienza. E’ sempre bello essere accolto da Rascid, si interessa del mio lavoro e soprattutto di come vanno le cose qui nel quartiere, mi chiede ancora dell’affitto, se è troppo alto e quasi mi chiede scusa per non essere stato un buon intermediario, che equivale a dire: “farti avere un prezzo conveniente”. Ogni volta che sono nel suo negozio, incontro delle persone, naturalmente uomini, le lingue sono differenti  e l’italiano non è mai la lingua ufficiale, al massimo il napoletano, ogni volta che lo ascolto mi sembra di essere ritornato a Pozzuoli, all’inizio del mio percorso con i Piccoli Fratelli del Vangelo. Resto in silenzio e provo ad ascoltare i suoni, mi chiedo quale sia l’argomento, d’improvviso tre parole le comprendo molto bene: Bersani, Grillo, Berlusconi. Non ci posso credere la politica italiana discussa in pachistano; mi scatta l’orgoglio nazionale e così mi introduco: -come vedete voi la situazione?. Voi, noi, perché distinguere, anche per un immigrato quello che succede in questo momento è importante e soprattutto è importante comprendere gli sviluppi politici e sociali. 
emigrati italiani
Il discorso si allarga ed emerge la preoccupazione che molti di loro hanno rispetto al lavoro, chi può, che in concreto significa avere soldi per il biglietto, rimanda la famiglia nel proprio paese oppure in altre nazioni più al sicuro economicamente come la Germania o l’Inghilterra, dove magari ci sono altri parenti. La rete dei famigliari ed amici stretti è la migliore strategia per una  famiglia che decide di affrontare l’emigrazione, non è solo ritrovarsi tra simili, è anche una questione di sopravvivenza e di opportunità. Al momento molte sono le famiglie che partono e qui rimangono solo i mariti, sembra essere tornati indietro quando all’inizio del flusso migratorio, arrivavano solo gli uomini, disposti a lavorare tantissime ore, stipati in alloggi minimi per ammortizzare i costi; la situazione in realtà non è mai cambiata, ma in questo quartiere la presenza delle famiglie e quindi di mogli e figli, aveva dato loro la possibilità di abbracciare di nuovo una vita “normale”, anche se c’è da dire che spesso le donne hanno sofferto tutto questo, e lo hanno fatto in estremo silenzio. Ora si torna indietro o si va altrove, tutti costretti ad un nuovo adattamento. Questo tempo così difficile ci accomuna tutti, italiani e stranieri, come del resto siamo accomunati dalla stessa domanda: - come evolverà ora la situazione? Da questi vicini prendo la forza che hanno nel  rimettersi in viaggio, il coraggio di trovare sempre nuove soluzioni e quella capacità di fare rete tra loro. La mia scelta di celibato e la spiritualità di Charles de F. mi hanno spinto fin qui, non ad annunciare, ma per essere testimone oculare che Dio abita nel quotidiano dell’uomo, nei percorsi di riscatto, nei processi di cambiamento, nella rete di solidarietà, nel farsi prossimi reciprocamente; le parole del Vangelo risuonano diversamente qui, sono dirompenti quando affermano che il nostro Dio è un Dio incarnato e impastato in questa umanità, sono dirompenti perché mi chiedono di prendere posizione.
 Il giorno seguente vedo sotto casa l’amico di Rascid, mi saluta esclamando: “Oh maestro!”, non avevo detto nulla di me, ma Rashid sicuramente gli ha riferito del mio lavoro a scuola, nessuno di noi è anonimo, ma siamo appartenenti a questo villaggio e quest’appartenenza è una bella responsabilità.





3 commenti:

  1. Cerco di immaginarti con le pantofole... :-) AL

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  2. Casualmente anch'io questa sera mi sono concessa di andare a mangiare il kebab per la prima volta... e ti dirò questa coincidenza mi fa pensare che la comunione d'intenti e sentimenti supera ogni luogo e lontananza.

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  3. Potessero fare questo tipo di esperienze anche i "nostri" politici sicuramente ora sarebbe un pò meglio!

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