Il mio rientro a casa questa sera è faticoso, sono stanco, indebolito
e poi questo tempo ancora grigio ed umido non mi aiuta e non è piacevole
nemmeno per la mia cervicale, campanellino d’allarme per segnalarmi che il
primo bisogno da soddisfare è quello del riposo. Non sempre possiamo però
decidere il ritmo o i tempi di pausa, sono immerso come molti altri, in una
realtà che è fatta d’impegni e responsabilità che coinvolgono anche altri, il
lavoro del resto è una dimensione molto importante, mi permette di avere i
piedi ben piantati per terra, mi lega alla realtà e mi impedisce di rifugiarmi
in dimensioni troppo artefatte e privilegiate, se Dio si accoglie e incontra là
dove siamo, allora vuol dire che anche in questa fatica e stanchezza posso fare
esperienza di pienezza della mia umanità e così incontrare il sorriso di Dio.
Ma il pensiero questa sera è tenuto stretto da una domanda che non è poi così
astratta o distante dalla realtà della vita quotidiana: come un uomo può
ricercare l’intimità e la vicinanza con un'altra persona, desiderare
profondamente quest’esperienza ed essere capace allo stesso tempo di violenza.
In maniera eclatante e decisamente diabolica, l’ho visto nelle diverse storie
che ho ascoltato dalle ragazze che vengono dallo sfruttamento della
prostituzione, molte di loro vengono ingannate, manipolate, legate a partire
dalla promessa di un sentimento d’amore: “ti sposerò, vivremo insieme in
Italia, sei la mia ragazza” e conseguenza di queste promesse è la violenza
sessuale, la prostituzione e l’annientamento definitivo della donna. Questi
sono decisamente delle situazioni estreme, comunque non rare, non credo sia
sbagliato vedere nella stessa ottica la violenza su tante donne, anche e
soprattutto nelle pareti delle proprie case. Come può sentirsi una donna che
nell’intimità della propria storia, della propria persona e del proprio corpo,
incontra un uomo che poi è capace di una forza devastante e mortale. Nell’esperienza
dell’intimità con l’altro, ci si mette in una posizione di piena vulnerabilità
perché si è sicuri che l’altro non né approfitterà mai, mi piace citare anche
quest’altra definizione d’intimità, di cui non ricordo l’autore: “essere
segretamente se stessi di fronte all’altro”, questo è possibili quando l’altro
non ci fa paura, e noi siamo pienamente liberi; cosa produce chi infrange
questa dimensione con la violenza?
Devasta, disorienta, toglie il terreno sotto i piedi, scuote l’albero fin nel
profondo delle radici, la casa è scossa nelle fondamenta, come dice un salmo.
Chi è violento non è capace di vivere l’intimità, quello che può fare è
travestirsi da agnello per poter ancora prendere con avidità quello che il
proprio vuoto interiore pretende.
Una ragazza che è stata nella comunità d’accoglienza dove
lavoro, ha concluso il suo percorso, la sua storia finalmente più prendere la
direzione di un futuro positivo, costruttivo, pieno di possibilità; quando è
arrivata, portava con sé ferite profonde, sicuramente legate a quella stessa
violenza che descrivevo sopra, era un muro insormontabile, sempre sulle
difensive, mai un sentimento manifestato con spontaneità. Ci siamo messi in
cammino insieme a lei, abbiamo ascoltato la sua fatica e cercato di scorgere la
sua ricchezza, abbiamo soprattutto evitato di fare la strada a posto suo, o di
legarla a noi e alle nostre facili soluzioni; il tempo del suo cambiamento è diventato il nostro tempo. Senza cercare
troppe parole, né scadere in un tenerume compassionevole, abbiamo spesso
camminato in silenzio, siamo stati costretti a trovare una sintonia che non
conoscevamo, perché troppo centrati su di noi e sulla nostra voglia di salvare.
Anche questo nostro essere spesso dei salvatori è violenza nei confronti di chi
ha subito molto nella propria vita, al contrario rinunciare alla pretesa di
salvare e rendersi abbordabili, è ciò che può creare vita in noi e negli altri.
Quando la settimana scorsa è partita, ci siamo abbracciati, ci siamo detti
delle parole affettuose come succede tra amici, in un clima di normalità, nulla
di esagerato o estremamente emotivo, certo ben diverso dalla rigidità dei primi
giorni, ma che importa, la fiducia non tradita ci ha fatto assaporare dei
frutti molto delicati…e questo va vissuto nel silenzio.
Nel silenzio della mia cappellina questa sera ho strizzato l’occhio a Dio, perché mi ha
fatto vedere il lievito del Regno nella storia di questa ragazza.
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