martedì 19 febbraio 2013

Vulnerabilità fa rima con forza e libertà


Il mio rientro a casa questa sera è faticoso, sono stanco, indebolito e poi questo tempo ancora grigio ed umido non mi aiuta e non è piacevole nemmeno per la mia cervicale, campanellino d’allarme per segnalarmi che il primo bisogno da soddisfare è quello del riposo. Non sempre possiamo però decidere il ritmo o i tempi di pausa, sono immerso come molti altri, in una realtà che è fatta d’impegni e responsabilità che coinvolgono anche altri, il lavoro del resto è una dimensione molto importante, mi permette di avere i piedi ben piantati per terra, mi lega alla realtà e mi impedisce di rifugiarmi in dimensioni troppo artefatte e privilegiate, se Dio si accoglie e incontra là dove siamo, allora vuol dire che anche in questa fatica e stanchezza posso fare esperienza di pienezza della mia umanità e così incontrare il sorriso di Dio. Ma il pensiero questa sera è tenuto stretto da una domanda che non è poi così astratta o distante dalla realtà della vita quotidiana: come un uomo può ricercare l’intimità e la vicinanza con un'altra persona, desiderare profondamente quest’esperienza ed essere capace allo stesso tempo di violenza. In maniera eclatante e decisamente diabolica, l’ho visto nelle diverse storie che ho ascoltato dalle ragazze che vengono dallo sfruttamento della prostituzione, molte di loro vengono ingannate, manipolate, legate a partire dalla promessa di un sentimento d’amore: “ti sposerò, vivremo insieme in Italia, sei la mia ragazza” e conseguenza di queste promesse è la violenza sessuale, la prostituzione e l’annientamento definitivo della donna. Questi sono decisamente delle situazioni estreme, comunque non rare, non credo sia sbagliato vedere nella stessa ottica la violenza su tante donne, anche e soprattutto nelle pareti delle proprie case. Come può sentirsi una donna che nell’intimità della propria storia, della propria persona e del proprio corpo, incontra un uomo che poi è capace di una forza devastante e mortale. Nell’esperienza dell’intimità con l’altro, ci si mette in una posizione di piena vulnerabilità perché si è sicuri che l’altro non né approfitterà mai, mi piace citare anche quest’altra definizione d’intimità, di cui non ricordo l’autore: “essere segretamente se stessi di fronte all’altro”, questo è possibili quando l’altro non ci fa paura, e noi siamo pienamente liberi; cosa produce chi infrange questa dimensione  con la violenza? Devasta, disorienta, toglie il terreno sotto i piedi, scuote l’albero fin nel profondo delle radici, la casa è scossa nelle fondamenta, come dice un salmo. Chi è violento non è capace di vivere l’intimità, quello che può fare è travestirsi da agnello per poter ancora prendere con avidità quello che il proprio vuoto interiore pretende.

Una ragazza che è stata nella comunità d’accoglienza dove lavoro, ha concluso il suo percorso, la sua storia finalmente più prendere la direzione di un futuro positivo, costruttivo, pieno di possibilità; quando è arrivata, portava con sé ferite profonde, sicuramente legate a quella stessa violenza che descrivevo sopra, era un muro insormontabile, sempre sulle difensive, mai un sentimento manifestato con spontaneità. Ci siamo messi in cammino insieme a lei, abbiamo ascoltato la sua fatica e cercato di scorgere la sua ricchezza, abbiamo soprattutto evitato di fare la strada a posto suo, o di legarla a noi e alle nostre facili soluzioni; il tempo del suo cambiamento  è diventato il nostro tempo. Senza cercare troppe parole, né scadere in un tenerume compassionevole, abbiamo spesso camminato in silenzio, siamo stati costretti a trovare una sintonia che non conoscevamo, perché troppo centrati su di noi e sulla nostra voglia di salvare. Anche questo nostro essere spesso dei salvatori è violenza nei confronti di chi ha subito molto nella propria vita, al contrario rinunciare alla pretesa di salvare e rendersi abbordabili, è ciò che può creare vita in noi e negli altri. Quando la settimana scorsa è partita, ci siamo abbracciati, ci siamo detti delle parole affettuose come succede tra amici, in un clima di normalità, nulla di esagerato o estremamente emotivo, certo ben diverso dalla rigidità dei primi giorni, ma che importa, la fiducia non tradita ci ha fatto assaporare dei frutti molto delicati…e questo va vissuto nel silenzio.
Nel silenzio della mia cappellina questa sera  ho strizzato l’occhio a Dio, perché mi ha fatto vedere il lievito del Regno nella storia di questa ragazza.



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