domenica 6 gennaio 2013

L' Epifania il divano si porta via


Uscendo di casa qualche giorno fa, trovo sul pianerottolo accantonato in un angolo di fianco all’ascensore, un divano, lo osservo e chiaramente capisco che è lì parcheggiato per poi essere gettato via, le sue condizioni sono decisamente precarie, non ha nemmeno più i cuscini ma una tavola di legno che richiama vagamente lo sportello di un armadio anni ’70. Il fatto che venga depositato in quel angolo non crea assolutamente disturbo, le regole condominiali sono momentaneamente sospese e poi del resto, prima della legge occorre tener conto della praticità: dove mettere un divano a tre posti che non può più occupare un piccolo alloggio? Appunto, di fianco all’ascensore, del resto osservando bene e con occhi diversi, potrebbe essere utile per creare un angolo d’attesa; sorrido e esco,  dopo tutto, questo non è veramente un problema nel nostro condominio, ci sono aspetti e situazioni ben più importanti. Con il passare dei giorni mi affeziono a quest’arredo condominiale e mi domando chi starà arrivando o traslocando altrove, anche la mobilità continua è un  elemento che incomincio a notare nel quartiere, la precarietà che si vive obbliga tutti ad essere sempre pronti a traslocare, o meglio emigrare altrove; una donna pachistana, giovane e già con tre figli da accudire, mi diceva che sarebbe andata in Inghilterra, almeno lì aveva altri parenti e soprattutto avrebbe potuto utilizzare il suo titolo di studio, in Italia è semplicemente una donna capace di leggere e scrivere , visto che è molto difficile farsi riconoscere la laurea, gli stereotipi che ci portiamo dentro ci fanno vedere queste donne avvolte nei loro abiti tradizionali sempre delle donne analfabete o rigidamente incastrate in regole culturali arcaiche, non che non ce ne siano, ma la realtà è sempre ricca di sfumature e sorprese. Con mia meraviglia ieri il divano viene miracolosamente ricomposto con i suoi tre cuscini, pulito e al suo centro campeggia un foglia A4 con la scritta: “Chi ne ha bisogno può prenderlo”. Credo che basti questo foglio per scardinare tutti i nostri schemi, regolamenti e regole igieniche: chi prenderebbe un divano lasciato sul pianerottolo, senza conoscerne il proprietario, senza sapere come è stato utilizzato e giù mille altre domande; tutto è superato da un semplice ragionamento: “io non lo uso più, buttarlo non mi sembra il caso, chiunque tu sia prendilo se può esserti utile”, alla faccia del mercato. Pensate che il divano è ancora sul mio pianerottolo? Mi dispiace solo di non essere riuscito a fotografarlo, questa mattina riposerà serenamente in un piccolo alloggio dello stesso stabile, qualcun altro godrà della sua comodità por molto tempo ancora, come dire: “qui non si butta nulla”. Il divano è semplicemente una metafora di quello che sto osservando in questi mesi, del resto anche nella scuola del quartiere, ho la possibilità di considerare mille situazioni di precarietà, e altrettante soluzioni creative, credo che in un tempo di crisi come quello attuale, la creatività vada messa in gioco, questo si traduce in un superamento degli schemi e in una capacità di selezione tra i bisogni reali e primari e quelli indotti da un consumismo e uno stile di vita mercificato, per comprenderlo non basta osservare da lontano, occorre entrare dentro e mescolarsi. Sento che questo “stare” ha il potere di trasformare, è esso stesso un “fare”, del resto il silenzio dei 30 anni di Gesù a Nazareth non è l’attesa o la preparazione di un impegno più visibile, è già l’agire di Dio. 

Non sto cercando eventi particolari, o esperienze eclatanti, non mi aspetto stravolgimenti, mi interessa vivere nel silenzio questo quotidiano e gli incontri che lentamente si rendono possibili, chissà potrei fare come quel divano: aspettare senza essere per forza utile.







2 commenti:

  1. Sul mio pianerottolo c'era una sedia a rotelle...che voleva dirmi il mio vicino? AL

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  2. potresti insospettirti: forse ti hanno ricoverato al Ferrucci.
    Annaaaa

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