Il rumore di parole inutili, che non si nutrono di attesa e
silenzio prima di essere pronunciate, non sono altro che muri e torrioni che
tracciano il confine “dell’io mi basto”. L’assenza di spazi e tempi di silenzio,
producono l’illusione di sentirci pieni
e ricchi e nutrono il bisogno di essere continuamente
stimolati, gettandoci nell’abbaglio che possiamo tutto, basta volerlo. Il non
esprimere la propria opinione sempre e comunque, viene percepito come il segno
di poca partecipazione e di rinuncia alla libertà di pensiero e di espressione,
mentre molto spesso è semplicemente la manifestazione sgraziata e gracchiante
di un narcisismo imperante. La libertà di pensiero ed espressione è il frutto
maturo e paziente di un lungo silenzio e del provare gratitudine piena per
quanto abbiamo ricevuto da altri: è da una parola consegnata, che possiamo generare le
nostre parole liberate e liberanti.
Non so voi, mai oggi ho un bisogno viscerale di parole non
ancora pronunciate; mi piace l’attesa che producono e di cui hanno bisogno, mi
solletica, stuzzica, provoca e mi elettrizza il non poter esercitare su di esse
nessun tipo di controllo: posso solo riceverle. Le “parole non ancora
pronunciate” sono intrise di silenzio condiviso, si affacciano solo dopo aver
trovato il terreno fecondo del dialogo e si liberano quando hanno sperimentato
la vertigine della consegna reciproca. In questo tempo così invaso di parole
pronunciate da tutti e su tutto, è tempo di attendere quelle non ancora
pronunciate.
Mentre tutti dicono, tu scegli di tacere, come postura dell’essere presente alla realtà, perché sia
essa a parlarti e non tu a parlargli addosso. Mentre tutti hanno certezze
inconfutabili, tu fermati e cura bene la domanda che vuoi metterti davanti, quella
che ti possa davvero porre in sintonia e dialogo con la vita e il suo mistero
profondo e affascinante. L’attesa delle “parole non ancora pronunciate” ci
porta finalmente a guardare l’altro negli occhi, ci riconcilia con il fatto che
saremo sempre all’esterno della sua intimità e potremmo cogliere tratti e
sfumature del suo essere presente alla vita, solo a piccoli passi rinunciando a
ogni tipo di potere e controllo sull’altro. Mentre tutti curano e truccano se
stessi con linee sinuose e seduttive di felicità ricercata a buon mercato, tu
prova ad incamminarti verso l’altro con quello che sei realmente, avventurati
nel rischio dell’incontro tra vulnerabili e imperfetti, non trattenere il
respiro quando a toccarti nel profondo è la ferita dell’altro, la paura che
spesso si prova in queste situazioni porta a pronunciare ogni tipo di parola…ma
tu attendi quelle non ancora pronunciate, perché queste apriranno lo sguardo
verso un oltre di pienezza, mentre le altre saranno solo di difesa.
Anche Dio si è intrecciato e mescolato tra le “parole non
ancora pronunciate”, ed ha scelto, almeno così mi sembra, un modo particolare
per comunicarcelo: una piccola mano aperta, vulnerabile, totalmente disposta ad
essere plasmata dall’incontro, una piccola mano che si pone di fronte alle mani
potenti di oggi.
Nulla di romantico, nulla di sdolcinato, nulla di
anestetico. E’ semplicemente “DISARMANTE”…forse è questa la parola che apre all’accoglienza delle “parole
non ancora pronunciate”.
BUON NATALE
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