Non è stato facile, né così immediato, accogliere questa strana idea che si palesava con una certa insistenza nel tuo intimo, le parole che prima avevi ignorato e liquidate come inconsistenti, poco credibili e fantasiose, ora le assaporavi come frutti maturi di una stagione piena e feconda; quel Vangelo che poco o nulla aveva parlato alla tua vita così avida d’intelligenza e razionalità pura, ti era arrivato come vento leggero che solleva la polvere che non avevi osato togliere, era come Davide di fronte a Golia, l’Infinitamente piccolo che guarda con tenerezza l’infinitamente e rigidamente orgoglioso. Eppure, anche se spesso te lo sei rimproverato, non sei stato così profondamente egoista ed avido, così chiuso al Bene e a Lui indifferente; i tuoi occhi abituati ad esplorare, hanno saputo cogliere quella nostalgia di Assoluto; non hai ceduto all’invidia verso chi, quell’Assoluto lo chiamava per nome con una certa famigliarità e confidenza. “Vorrei , ma purtroppo non ho la fede”, non mi sembra che hai mai ceduto a questa espressione, sei stato piuttosto curioso, hai cercato, hai chiesto, hai posto domande e non risparmiato critiche.
La porta sgangherata del tuo eremo non è mai stata sicura,
del resto sarebbe stato folle arrivare in fondo al deserto per proteggersi
dagli altri, non era per questo che ti sei messo in cammino. Piuttosto era
stata sicura per te, la Parola ritrovata, chiara e decisa come quella che ti può dire
un amico fidato; forte, perché capace di sradicare le resistente più profonde;
vitale , perché ti riposiziona nel flusso della vita che è fatta di relazioni e
non di contemplazione di sé .
Era ancora notte e tu eri sicuro dell’alba che sarebbe arrivata, l’attendevi; accendi una piccolissima candela, ti metti in ginocchio poi ti siedi sui tuoi talloni, come hai imparato a fare guardando i tuoi amici Tuaregh quando si rivolgono al Misericordioso. Prendi i tuoi quaderni, che custodiscono i tuoi pensieri più intimi e con essi un po’ d’inchiostro. Ti lasci afferrare dal silenzio che tanto ami, mentre le mani consegnano alla scrittura il sentire di quell’istante: “ le due del mattino. Come sei buono, mio Dio, per avermi svegliato! Ancora più di sei ore a non fare altro che contemplarti, a starmene ai tuoi piedi e a non dire altro se non che ti amo. Come sono felice!…Ma…non è solamente in queste sei ore che io non ho niente altro da fare che starmene ai tuoi piedi ad adorarti…è in tutte le ore e tutti i giorni della mia vita; è in tutti gli istanti della mia vita che sono felice, che sono così divinamente felice:”
Il sole si infila sotto la porta sgangherata, è tempo di
aprila perché tu torni felicemente a stare con gli ultimi e metterti in marcia
con loro, il tuo Bien aimé ti ha portato fin nel cuore del deserto perché tu
incontri e diventi tu stesso “fraternità”.
Ti ho incontrato e ricevuto così nella mia vita, come un fratello appassionato di Dio e degli ultimi, mi hai trasmesso la passione per quel raggio di sole sotto la porta, che è sempre da attendere; mi hai insegnato la cura del silenzio e dei tempi di solitudine, per abitare meglio le città e le relazioni, indicandomi a modo tuo come si può essere divinamente felici.
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