lunedì 2 settembre 2013

Il riso mancato

ORE 23.33…se metto anche solo una mollica in bocca esplodo. Mentre in macchina rientro a casa dopo aver cenato con amici, mi raggiunge al cellulare il mio vicino pakistano: _ “ maestro Amedeo, sei a casa, ti porto il riso!”. Beh il tono è scherzoso, “maestro” è ormai un modo simpatico anche per chiamarmi, identificarmi, in effetti mi aveva promesso il riso due giorni fa, tanto che con la persona che avevo a casa come ospite abbiamo gioito per il fatto che non dovevamo preoccuparci della cena, invece?... alle 22.30 ancora nulla, a quel punto soluzione decisamente di cultura italiana: spaghettata. Questa sera invece il riso è pronto in tempo e si scusa perché non aveva mantenuto la promessa, del resto i tempi della preparazione si erano allungati e non gli sembrava il caso di disturbarmi quando ormai era molto tardi, ma questa sera sono ospite a casa loro, tutti uomini, più o meno parenti che dopo una giornata di visite e incontri tra amici connazionali, ecco che finalmente mangiano. Siamo seduti per terra, piatto abbondante, salsina di yogurt con menta e non so cos’altro, carne di pollo. “La moglie di un mio amico ti conosce e mi ha detto che piace a te riso con colori, quello dolce, vero?”  bene, penso tra me, mi sto facendo una bella reputazione; capisco immediatamente che si tratta di una mamma della scuola, una giovane donna, laureata, che ho conosciuto quando non parlava assolutamente italiano, poi coinvolgendola a scuola ha avuto il desiderio di apprendere la lingua e così corso dopo corso, ora è riuscita a sostenere anche l’esame d’italiano B2, e si esprime decisamente bene. Occorre andare molto al di là di quello che appare per scorgere persone con potenzialità, desideri e capacità che non immaginiamo o che semplicemente i meccanismi di semplificazione e stereotipi ci impediscono di vedere, e questa donna è sicuramente una di quelle. Lo scambio che abbiamo avuto mi ha permesso di allargare il mio sguardo, di allenare i miei occhi ad andare oltre, sempre oltre, senza cedere alle semplificazioni opposte, ossia al pericolo dell’esotismo, in cui tutto ciò che è straniero è bello. Scopro sempre di più come sia necessario non giungere mai a conclusione, non dire mai “ora ho compreso”, c’è sempre un passo ulteriore da compiere. La complessità va rispettata per quello che è, si caratterizza sempre per  sfumature e tonalità differenti. Non possiamo fare a meno della “complessità” pena l’esclusione dalla possibilità di incidere in questo tempo, essa ci richiede un cambio di mentalità profondo e a mio parere ci chiede prima di tutto di cambiare posizione: dall’individualismo, al senso di comunità, di appartenenza reciproca. Se ci apparteniamo reciprocamente, allora non smetteremo mai di conoscerci, di meravigliarci, di consegnarci reciprocamente lo spazio perché in ognuno la vita si realizzi in pienezza. Ogni volta scopro che il mio comprendere è limitato, che vedo quello che desidero vedere, che rischio di leggere la realtà per come la immagino o la desidero, non per quello che essa è realmente, sento che devo avere questa profonda consapevolezza, per evitare voli pindarici e false idealizzazioni;  mentre la quotidianità, il restare qui anche nel silenzio, nella presenza discreta, nel tessere relazioni con lentezza, con pazienza, anche il non fare assolutamente nulla, tutto questo mi permette di entrare nelle pieghe di questa complessità, spingendomi ad andare oltre, credo che alla fine noi siamo “quell’oltre” gli uni per gli altri, se le nostre relazione non sono caratterizzate dall’uso oggettivo che facciamo di chi ci sta accanto. 
San Damiano Assisi

Scrive Enzo Bianchi: “Il silenzio scava nel nostro profondo uno spazio per farvi abitare l’alterità, per farne risuonare la parola e, al tempo stesso, ci dispone all’ascolto intelligente, al parlare misurato, al discernimento di ciò che brucia nel cuore dell’altro e che è celato nel silenzio da cui nascono le sue parole. Il silenzio, allora, quel silenzio, suscita in noi la carità, l’amore del fratello”. Dopo la serata che ho vissuto,  e altri incontri di questa settimana, mi piace chiudere la giornata con queste parole di Bianchi, mi indicano la direzione ancora da percorrere, mi riscaldano il cuore, mi motivano, mi spingono ad appassionarmi ancora una volta alla mia scelta, alla mia storia; accendo una piccola candela in cappellina e mentre finalmente questa sera c’è più silenzio nel quartiere, mi piace accompagnare nel cuore di Dio tutta questa strana, colorata, complessa umanità…e spero di digerire il riso con tutto il resto.
amedeo.angelozzi@tiscali.it


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