ORE 23.33…se metto anche solo una mollica in bocca esplodo. Mentre
in macchina rientro a casa dopo aver cenato con amici, mi raggiunge al cellulare
il mio vicino pakistano: _ “ maestro Amedeo, sei a casa, ti porto il riso!”.
Beh il tono è scherzoso, “maestro” è ormai un modo simpatico anche per chiamarmi,
identificarmi, in effetti mi aveva promesso il riso due giorni fa, tanto che
con la persona che avevo a casa come ospite abbiamo gioito per il fatto che non
dovevamo preoccuparci della cena, invece?... alle 22.30 ancora nulla, a quel
punto soluzione decisamente di cultura italiana: spaghettata. Questa sera
invece il riso è pronto in tempo e si scusa perché non aveva mantenuto la
promessa, del resto i tempi della preparazione si erano allungati e non gli
sembrava il caso di disturbarmi quando ormai era molto tardi, ma questa sera
sono ospite a casa loro, tutti uomini, più o meno parenti che dopo una giornata
di visite e incontri tra amici connazionali, ecco che finalmente mangiano.
Siamo seduti per terra, piatto abbondante, salsina di yogurt con menta e non so
cos’altro, carne di pollo. “La moglie di un mio amico ti conosce e mi ha detto
che piace a te riso con colori, quello dolce, vero?” bene, penso tra me, mi sto facendo una bella
reputazione; capisco immediatamente che si tratta di una mamma della scuola,
una giovane donna, laureata, che ho conosciuto quando non parlava assolutamente
italiano, poi coinvolgendola a scuola ha avuto il desiderio di apprendere la
lingua e così corso dopo corso, ora è riuscita a sostenere anche l’esame d’italiano
B2, e si esprime decisamente bene. Occorre andare molto al di là di quello che
appare per scorgere persone con potenzialità, desideri e capacità che non
immaginiamo o che semplicemente i meccanismi di semplificazione e stereotipi ci
impediscono di vedere, e questa donna è sicuramente una di quelle. Lo scambio
che abbiamo avuto mi ha permesso di allargare il mio sguardo, di allenare i
miei occhi ad andare oltre, sempre oltre, senza cedere alle semplificazioni
opposte, ossia al pericolo dell’esotismo, in cui tutto ciò che è straniero è
bello. Scopro sempre di più come sia necessario non giungere mai a conclusione,
non dire mai “ora ho compreso”, c’è sempre un passo ulteriore da compiere. La
complessità va rispettata per quello che è, si caratterizza sempre per sfumature e tonalità differenti. Non possiamo
fare a meno della “complessità” pena l’esclusione dalla possibilità di incidere
in questo tempo, essa ci richiede un cambio di mentalità profondo e a mio
parere ci chiede prima di tutto di cambiare posizione: dall’individualismo, al
senso di comunità, di appartenenza reciproca. Se ci apparteniamo reciprocamente,
allora non smetteremo mai di conoscerci, di meravigliarci, di consegnarci
reciprocamente lo spazio perché in ognuno la vita si realizzi in pienezza. Ogni
volta scopro che il mio comprendere è limitato, che vedo quello che desidero
vedere, che rischio di leggere la realtà per come la immagino o la desidero,
non per quello che essa è realmente, sento che devo avere questa profonda
consapevolezza, per evitare voli pindarici e false idealizzazioni; mentre la quotidianità, il restare qui anche
nel silenzio, nella presenza discreta, nel tessere relazioni con lentezza, con
pazienza, anche il non fare assolutamente nulla, tutto questo mi permette di
entrare nelle pieghe di questa complessità, spingendomi ad andare oltre, credo
che alla fine noi siamo “quell’oltre” gli uni per gli altri, se le nostre
relazione non sono caratterizzate dall’uso oggettivo che facciamo di chi ci sta
accanto.
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San Damiano Assisi |
Scrive Enzo Bianchi: “Il
silenzio scava nel nostro profondo uno spazio per farvi abitare l’alterità, per
farne risuonare la parola e, al tempo stesso, ci dispone all’ascolto
intelligente, al parlare misurato, al discernimento di ciò che brucia nel cuore
dell’altro e che è celato nel silenzio da cui nascono le sue parole. Il
silenzio, allora, quel silenzio, suscita in noi la carità, l’amore del fratello”.
Dopo la serata che ho vissuto, e altri
incontri di questa settimana, mi piace chiudere la giornata con queste parole
di Bianchi, mi indicano la direzione ancora da percorrere, mi riscaldano il
cuore, mi motivano, mi spingono ad appassionarmi ancora una volta alla mia
scelta, alla mia storia; accendo una piccola candela in cappellina e mentre
finalmente questa sera c’è più silenzio nel quartiere, mi piace accompagnare
nel cuore di Dio tutta questa strana, colorata, complessa umanità…e spero di
digerire il riso con tutto il resto.
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amedeo.angelozzi@tiscali.it |
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