sabato 4 aprile 2020

Il tuo di fronte

L’isolamento forzato, la mancanza di contatto fisico che quando c’è rende l’umano una meraviglia e un prodigio.

Di fronte a tre settimane e più di totale solitudine la prima resistenza è stata quella di non iper-connettermi, alla ricerca spasmodica di video, azioni, attività, parole di tutti i generi, confuse e irrazionalmente messe insieme. Tutto mi è sembrato il tentativo di sfuggire la paura del nulla.
L’estrema solitudine mi ha disorientato, fatto perdere la cognizione del tempo, catapultato in un non luogo dove a fatica mi riconoscevo. Il bisogno fondamentale del volto dell’altro per ritrovarmi, sentire e umanizzarmi, non poteva trovare la soluzione in uno schermo  o video chiamata anzi li sentivo un’illusione ancora più dilaniante e perniciosa: sono perché sono in contatto con il “mio di fronte”.
Una debolezza estrema, una vulnerabilità pericolosa, il rischio di perdersi e non più ritrovarsi.
Eppure…

Non ho voluto sottrarmi a questo, non mi sono limitato alla superficie del mio sentire o percepire, probabilmente con la testardaggine di sempre ho voluto assaporare fino in fondo quello che sentivo, la fatica della mancanza, l’essere nudo di fronte a me stesso….e perdermi.
Una presenza discreta e decisa, un attendermi in fondo e un abitarmi passo passo, hanno con decisione chiuso i rumori di una società che per forza e prepotentemente ti impone di riempire il vuoto, ho voluto lasciarli fuori.
Ma il vuoto c’è, lo si incontra prima o poi, il vuoto va custodito, amato anche contestato, nel vuoto va fatto risuonare l’urlo e poi accolto il silenzio.

Il Signore Dio disse: non è cosa buona che il terrestre sia solo. Farò per lui un aiuto contro di lui” Gen 2,18

Non so se esagero ma è questo quello che percepisco di questo tempo,  una sorta di esperienza di ritorno alle origini, nella fatica sperimentata dalla mancanza di contatto il ritorno ai momenti più importanti delle relazioni vissute e da lì abitarle di nuovo, senza barriere, sconti e giustificazioni. Accompagnato dalla Tenerezza infinita, fare verità.
E rimettersi in cammino, con il silenzio che come grembo plasma di nuovo  il terrestre che è in me.

Entro così, a piedi scalzi, in questo tempo particolarissimo della Pasqua, che mi libera, mi denuda, mi chiede di andare a fondo e all’essenziale…verso dove? Non so, provo solo a tendere la mano.








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