E se lentamente Tu prendessi la mia mano?
Non per farmi sentire la forza della tua stretta, né per condurmi verso un
abbraccio avvolgente. Ora desidero altro Signore. Mi piacerebbe sentire
lentamente la tua mano che si avvicina con estrema delicatezza, perché non è
tua abitudine il forzare, né il tuo stile quello di invadere. Lentamente ho
imparato a riconoscere il modo che hai di renderti presente: quello stare
accanto che è contenere e abitare, che fa sentire il sapore dell’essere tornato
a casa come un nuovo approdo, che ospita nello stesso momento in cui, infinitamente
piccolo, si rende abbordabile e per questo ospitabile. Ecco con tutte queste
sfumature muovi la tua mano verso la mia e gusta con me il piacere, la fatica e
perché no, la resistenza nel portare la mia mano a diventar barriera della mia
bocca, nel gesto del far silenzio, nel mettere a tacere ogni parola di troppo.
Mi affascina il tacere, mi provoca, mi scardina ma soprattutto mi decentra, perché
mi apre gli occhi, mi allarga lo sguardo e allunga l’orizzonte di ciò che vedo.
Guardo chi mi è accanto nel vivere quotidiano, ascolto il “rumore” sordo e cupo
che produce la fatica del vivere di alcuni vicini, poso gli occhi sugli altri
anche quando questo non mi protegge dal mal- essere con cui vengo a contatto. Sospendo
le parole e apro di più gli occhi, per le parole non dette, le richieste
inespresse e gli incontri inaspettati. Metto a riposo le parole facili,
invadenti e risolutive, quelle rassicuranti per quieto vivere o belle per far
colpo…ma soprattutto fermo quelle che hanno l’arroganza di essere “le ultime
parole”. Lentamente e solo lentamente, hai instancabilmente ripetuto lo stesso
gesto con me: hai preso la mia mano e l’hai accompagnata verso la bocca, hai
atteso che aprissi gli occhi senza aver paura e mi hai fatto stare bene nello
scorgere l’umano che è in noi. In questa notte più lunga dell’anno, in attesa
che la luce riguadagni spazio, scopro il Natale come la festa del tacere, di Te
che mi dici che ne vale la pena non partire dalle parole ma dallo sguardo, dal
saper guardare l’altro…parte di me.
Il Dio piccolo del Natale chissà che non sia la grande
provocazione di questo tempo, dalle parole urlate e prepotenti e degli sguardi
distratti?
Di lentezza ho bisogno, di parole a riposo e di sguardi
profondi, che sanno finalmente esplorare e incontrare.
Buon Natale 2017
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